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“Fai ciao”: l’ultimo romanzo di Flavio Ignelzi è un piccolo capolavoro

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Una storia feroce e piena di denti

Ogni cuore è un abisso e in ogni abisso si nasconde un mostro.

Man mano che cresciamo, sul fondo limaccioso della nostra mente si ammassano ricordi, occasioni perdute, rabbia e orrori – mostruosità che si divorano a vicenda e che si nascondono sotto la superficie sorridente e curata dei nostri volti. Alla fine delle pagine nere, oniriche e crudeli nate dalla penna spietata di Flavio Ignelzi, Samuel, protagonista del suo ultimo romanzo, “Fai ciao”, pubblicato da Polidoro Editore, scoprirà quanto questo sia vero: i mostri esistono, vivono nel cuore di tutti noi, anche in quello di un ragazzino introverso e di una madre di provincia; i mostri sono veri e hanno denti pronti a mordere e divorarci.

“Fai ciao” è una storia unica del suo genere, una favola cattiva e scritta bene. #IlSalottoLetterario, questa settimana, ve ne parla con piacere ma raccomandandovi di stare attenti: le parole di Flavio Ignelzi infatti potrebbero, quando meno ve lo aspettate, mordere e divorare anche voi.

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Famiglie mostruose e mostri familiari

Questo è un romanzo sottosopra e che racconta una trama al contrario: partendo da alcuni frammenti, cocci, specchi rotti racconta di come le cose si siano spaccate e di cosa ne abbia causato la caduta. “Fai ciao” è un viaggio nel tempo destrutturato che, partendo quasi dal finale, racconta la storia di Samuel e della sua discesa verso il disagio e la follia.

Samuel è un adolescente come tanti – introverso, nervoso e confuso – che vive una vita quasi banale, quando una serie di avvenimenti sconvolge la sua routine e lo spezza. Questo romanzo parla di famiglie mostruose, di lutto, di orrore e smarrimento, di follia e di perdita: è un romanzo di de-formazione, il racconto di una crescita e di una maturazione perversa, deviata dalla ferocia dei mostri che affollano la vita di Samuel.

Ignelzi si riconferma affilato e spietato: abbiamo bisogno di scrittori come lui

La narrazione è ipnotizzante e lo stile di scrittura di Ignelzi non consente di staccare gli occhi dalla pagina nemmeno per un istante: chi è la persona che telefona sempre al protagonista? Cosa c’è nella villa abbandonata dove Samuel cerca sempre di sgattaiolare? Perché, nella prima scena del libro, il ragazzo sta per pugnalare sua madre?

Ottenere risposte a queste domande diventa, nel giro di pochissime righe, un’urgenza. Ignelzi, ancora una volta, proprio come nella sua precedente raccolta di racconti si riconferma un abile costruttore di trappole narrative e anche questa volta cattura il lettore nella sua tela di parole, proprio come un ragno.

State attenti, vi abbiamo avvisato: le sue parole mordono, i suoi denti sono affilati, ma, soprattutto, sarete voi stessi a pregare la sua penna di affondare nella vostra carne per raccontarvi, ancora una volta, una storia nera e scritta col sangue.

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