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Lo sciopero studentesco del 14 novembre non è un evento isolato. È parte di un movimento nazionale che coinvolge migliaia di giovani in tutto il Paese, con oltre 50 città italiane interessate da cortei, presìdi e flash mob. A organizzare queste iniziative sono realtà come Unione degli Studenti e Fridays for Future, ma anche associazioni locali e comitati studenteschi che da anni promuovono una scuola più giusta e partecipativa.
A Napoli e in Campania, la manifestazione riceve un forte sostegno da parte di Cgil e Flc Cgil. Il segretario generale della Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci, e quello della Flc Campania, Ottavio De Luca, hanno ribadito che gli studenti lottano per una scuola “inclusiva, democratica, in cui il pensiero divergente non sia represso”. La loro adesione dimostra come lo sciopero non sia una protesta esclusivamente giovanile, ma un fenomeno sociale più ampio, che coinvolge anche il mondo del lavoro e il tessuto civile delle città.
Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara è al centro delle critiche: secondo studenti e sindacati, le sue politiche rischiano di trasformare le scuole in “caserme”, riducendo gli spazi di autonomia e libertà di pensiero. La mobilitazione diventa così non solo una difesa dei diritti degli studenti, ma una battaglia per la democrazia e la partecipazione attiva nella società.
Uno dei motivi principali della protesta è il sottofinanziamento della scuola pubblica. Secondo gli studenti e i sindacati, le risorse vengono sottratte all’istruzione per finanziare il settore privato o aumentare la spesa militare. La legge di bilancio viene percepita come una conferma della priorità data al riarmo, invece che alla scuola, alla sanità e ai servizi sociali.
Oltre al tema economico, ci sono questioni legate alla qualità e all’autonomia educativa. L’Unione degli Studenti rivendica:
Una didattica più moderna e innovativa
Maggiori investimenti nell’edilizia scolastica
Il diritto allo studio per tutti
L’abolizione di forme di sfruttamento legate ai percorsi di alternanza scuola-lavoro (PCTO)
Molti studenti denunciano anche un aumento del controllo interno alle scuole, che secondo loro non è semplice disciplina, ma un tentativo di “normalizzare” comportamenti e pensieri, riducendo l’autonomia individuale.
La protesta non si limita solo alle questioni scolastiche. La partecipazione di Fridays for Future collega la mobilitazione studentesca alle tematiche ambientali e sociali, sottolineando come la scuola sia vista dai giovani come strumento per costruire una società più equa, partecipata e libera. Gli slogan principali, come “Un’altra scuola, un altro mondo è possibile”, esprimono la volontà di una trasformazione che vada oltre la semplice didattica.
Questa mobilitazione rappresenta un segnale forte: gli studenti chiedono non solo cambiamenti superficiali, ma un modello di scuola capace di formare cittadini critici e consapevoli. In un periodo storico in cui l’Italia deve fare scelte decisive su spesa pubblica, priorità politiche e diritti fondamentali, la voce delle nuove generazioni è un richiamo importante: investire nell’istruzione non è un costo, ma una scelta strategica per il futuro del Paese.
La partecipazione congiunta di studenti e sindacati come la Cgil sottolinea che questa protesta va oltre il mondo giovanile. Ribadire che la scuola non può diventare una caserma significa affermare con forza che l’educazione è un diritto, una risorsa e un motore di cambiamento sociale. Il 14 novembre non è stato solo uno sciopero, ma un momento di costruzione collettiva, di dialogo e di riflessione su quale modello di società vogliamo lasciare alle future generazioni.
Parte dalla domanda più importante: che tipo di scuola vogliamo per il nostro futuro? Una scuola rigida, chiusa, controllata, o una scuola capace di accogliere idee diverse, di far crescere il pensiero critico, di offrire pari opportunità a tutti?
La risposta sembra chiara: se una società desidera cittadini liberi, deve difendere una scuola libera. Ridurre i finanziamenti, aumentare le misure repressive, spingere verso modelli autoritari non fa altro che indebolire la base stessa della democrazia. Per questo gli studenti meritano ascolto: non rappresentano un problema, ma un’opportunità. La loro voce ci ricorda che la scuola non è un edificio da controllare, ma un luogo da vivere, trasformare e proteggere.
Un Paese che investe nell’istruzione investe nella propria libertà.
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