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La Corte d’Appello di Ancona ha condannato in appello un uomo di 31 anni a tre anni di carcere per violenza sessuale su una 17enne. La sentenza ha ribaltato la decisione del tribunale di Macerata, che tre anni fa aveva assolto l’imputato. La prima sentenza aveva suscitato numerose polemiche perché giustificava l’assoluzione con il fatto che la ragazza avesse già avuto rapporti sessuali, sostenendo quindi che “era in grado di immaginare gli sviluppi della situazione”.
In appello, la Corte ha riconosciuto la violenza, seppur in forma meno grave, e ha condannato l’imputato a tre anni. La sostituta procuratrice generale Cristina Polenzani aveva chiesto una condanna più severa, di quattro anni e un mese. Secondo l’accusa, la ragazza aveva acconsentito solo a effusioni, manifestando subito la volontà di non proseguire. La pg ha sottolineato che “il consenso deve esserci dall’inizio alla fine del rapporto” e che l’uomo non ha rispettato questa volontà.
La giovane, assente in aula, ha raccontato l’accaduto a un’amica subito dopo e ha dovuto affrontare un percorso di supporto psicologico di due anni. Durante l’aggressione, ha tentato di urlare senza riuscirci, mentre l’imputato la bloccava con la mano, essendo fisicamente più forte.
Gli avvocati difensori hanno espresso sorpresa per la sentenza e l’hanno definita un processo indiziario. Hanno sottolineato alcune contraddizioni nel racconto della vittima e hanno annunciato ricorso in Cassazione.
Diverse parlamentari del Partito Democratico hanno condannato la prima assoluzione e hanno chiesto una legge chiara sul consenso, ribadendo che “il passato sessuale di una ragazza non può mai giustificare la mancanza di consenso”.
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