Il 19 marzo ha segnato una svolta epocale per il Giappone: dopo un lungo periodo di politiche monetarie ultra-espansive, la Banca del Giappone ha deciso di porre fine all’era dei tassi di interesse negativi. Con un aumento limitato del costo del denaro, che passa da -0,1% a un range compreso tra zero e lo 0,1%, la BoJ ha avviato un processo di normalizzazione delle politiche monetarie.
Giappone: alzati i tassi, non succedeva dal 2007
La BoJ non aumentava i tassi di interesse dal febbraio del 2007 e li aveva portati in territorio negativo nel 2016. Secondo il governatore della BoJ, Kazuo Ueda, questa mossa non segna l’inizio di un ciclo di stretta monetaria come quello visto in altre economie. “C’è ancora un po’ di distanza rispetto all’obiettivo del 2%, se lo consideriamo dal punto di vista del tasso di inflazione previsto”, ha spiegato Ueda. “Considerando il divario, penso che condurremo una politica normale, tenendo presente l’importanza di mantenere un ambiente accomodante”, ha sottolineato il governatore.
L’annuncio della BoJ ha avuto un impatto immediato sui mercati finanziari, con una scivolata della valuta giapponese e un calo del rendimento del bond decennale. Tuttavia, l’indice Nikkei ha registrato un aumento dello 0,66%, mostrando la fiducia degli investitori nell’economia del Paese. Nonostante l’aumento dei tassi di interesse sia stato ampiamente previsto dai mercati, la decisione della BoJ ha suscitato un dibattito tra gli economisti. Molti si chiedono fino a che punto la BoJ spingerà la normalizzazione delle sue politiche monetarie e quali saranno le implicazioni per l’economia giapponese.
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