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1 settimana agoon
Un settore che vale miliardi, impiega migliaia di lavoratori e rappresenta uno dei principali contributori fiscali del Paese. Eppure, quando si parla di gioco pubblico, la sensazione è quella di muoversi in un labirinto di leggi, divieti, regolamenti locali e provvedimenti emergenziali. È in questo scenario che si è svolto a Napoli il convegno promosso da Agsi – Associazione gestori scommesse Italia – dal titolo eloquente: “Giochi legali: la lentezza delle riforme, ritardi e danni”.
Ad aprire i lavori, il presidente Agsi Pasquale Chiacchio, che ha richiamato senza giri di parole lo stallo del riordino del gioco pubblico.
Un processo avviato e poi arenatosi, schiacciato dalla mancata intesa tra Governo e Conferenza delle Regioni e da un quadro politico che, negli ultimi anni, ha alternato slanci riformatori e lunghi silenzi.
“Il settore non può continuare a vivere nell’incertezza – ha detto Chiacchio –. Abbiamo avanzato proposte concrete per tutelare il comparto e dare stabilità al mercato. La priorità è arginare il gioco illegale, che continua a espandersi approfittando della confusione normativa”.
Tra i temi più sensibili, quelli legati al gioco online. Il recente decreto che limita le ricariche settimanali dei conti, pur nato con intenti di tutela, potrebbe – secondo Agsi – spingere una parte dell’utenza verso circuiti irregolari. “Serve equilibrio, non proibizionismo”, ha insistito.
Dal livello locale è arrivata la voce del presidente della Commissione Politiche sociali del Comune di Napoli, Massimo Cilenti, che ha riconosciuto la difficoltà degli enti locali nel gestire un settore il cui cuore normativo è nazionale.
“Gli operatori legali rispettano regole stringenti, controlli e costi. Chi lavora nell’illegalità fa ciò che vuole. È qui che lo Stato deve intervenire con decisione”.
Più schietto, quasi provocatorio, l’ex senatore Antonio Milo, che ha invitato gli operatori ad assumere un ruolo più attivo nella definizione della futura riforma:
“Se aspettate il legislatore, passeranno anni. Con i miliardi che genera il settore, e con quelli – enormi – che alimentano la criminalità organizzata, è indispensabile aprire subito un tavolo con il Ministero dell’Interno. Serve un’iniziativa dal basso, coraggiosa”.
A sollecitare un’assunzione di responsabilità è stata anche Teresa Di Giulio, consigliera della IX Municipalità di Napoli, che ha sottolineato come il gioco legale abbia sottratto enormi spazi alla criminalità e rappresenti oggi un presidio di sicurezza economica e sociale.
“La politica deve essere chiara: bisogna sostenere il comparto legale, ascoltare le imprese, costruire percorsi comuni. Solo così si protegge il lavoro e si tutelano i più giovani”.
Il passaggio più tecnico è arrivato da Francesco Urraro, vicepresidente del Consiglio di presidenza del Consiglio di Stato, che ha richiamato il caos normativo in cui il settore si trova da anni a operare.
“Esistono norme nazionali, norme regionali, regolamenti comunali, provvedimenti sanitari, decreti finanziari. Tutti che si incrociano, spesso in modo incoerente. Così non si può andare avanti”.
La soluzione?
Un Testo unico essenziale, “quattro o cinque articoli, chiari, moderni, comprensibili”.
E una risposta urgente alla questione delle discriminazioni bancarie, che ancora oggi colpiscono gli operatori del settore, impedendo investimenti e normalità operativa. “Un’anomalia che va risolta”, ha spiegato.
A chiudere il convegno, l’intervento di Giuseppe Catapano, rettore dell’Università Auge, che ha ribadito come la frammentazione attuale renda indispensabile un percorso partecipato.
“La riforma non può calare dall’alto. Serve la collaborazione di operatori, istituzioni e mondo accademico. Siamo disponibili a contribuire alla stesura di un Testo unico che rimetta ordine nel settore”.
Il messaggio finale è stato unanime: il gioco legale chiede certezze, non solo controlli.
Norme semplici, uniformi, sostenibili.
Un quadro che permetta alle imprese di programmare investimenti, allo Stato di garantire tutela e prevenzione, e alla società di isolare definitivamente il gioco illegale.
Perché, come più relatori hanno ricordato, quando la regolamentazione si inceppa, a beneficiarne non è mai il giocatore: è l’illegalità.


