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Il fisso non è più un miraggio (desiderato)? La prossima Italia del Lavoro

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articolo di Biagio Fusco

L’Italia del Lavoro privato guarda, nel nuovo millennio, inevitabilmente in una direzione diversa anche per ciò che attiene le politiche retributive, sulla scorta di quanto rilevano osservatori, analisti ed esperti di settore, i quali si occupano, monitorandole, delle evoluzioni del cosiddetto capitale umano nella sua dimensione di operatività lavorativa.

Ebbene, tante aziende del nostro Paese, dalle strat – up innovative alle realtà industriali più affermate e consolidate, hanno manifestato una differente “trend di domanda “ in fatto di benefits, proveniente dalle risorse umane che hanno assunto, a partire dall’ultimo decennio, alle proprie dipendenze.

Segnatamente ed a mo’ d’esempio, se si è disposti a trascurare, nell’ottica nuova di un differente concetto di mobilità alternativa e sostenibile soprattutto, la dotazione di un’auto aziendale per gli spostamenti, non si è disposti però a fare un passo indietro sull’aspirazione al riconoscimento di una percentuale maggiore di flessibilità, inclusione ed impegno sociale.

La smart industry

In altri termini più precisi, cresce in Italia, sull’onda di quanto “ imposto ” dalle restrizioni sorte in conseguenza della pandemia virale nella predisposizione di nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, la smart industry; e cioè, quella intelligente, attenta e sensibile alla tematica della variabile “ tempo “, la chiave di volta del futuro lavorativo, in special modo nel comparto dedicato all’impiego privato, votata dal punto di vista organizzativo a riservare giornate interamente agli impegni familiari così come al free time, ovviamente ricorrendo allo strumento dello smart working o “ lavoro agile ”, se vogliamo restare a casa nostra anche con la terminologia.

I fattori dei quali si discute in questo ripensamento delle modalità di lavoro sono senza dubbio inesplorati, alcuni dei quali comunque poco valorizzati prima, ovvero il tempo in generale, il tempo libero, la sustainable urban mobility, gli impegni familiari, le ferie, non dimenticando l’attrattiva economica.

È naturale che tale visione punti ad una serie di obiettivi che vedono accanto allo scopo di migliorare le condizioni di vita lavorativa delle persone in una prospettiva sociologica più ragionata e proporzionata alle necessità delle relazioni umane un innalzamento della “buona, sempre giovane ed irrinunciabile produttvità” (possiamo anche chiamarla più tecnicamente e senza tema di errore “ marginalità di impresa”), quella componente che contribuisce cioè a rendere un’azienda più performante ed intraprendente.

Il calo degli stipendi e flexibility concept

In quasi tutta l’Italia degli imprenditori, almeno quella intervistata e sondata, si riscontra un calo, una riduzione nemmeno tanto lieve, del budget di aumento della parte fissa dello stipendio, e ciò vale sia per coloro che hanno ricevuto all’interno dell’organigramma aziendale un inquadramento legale come semplici impiegati che come quadri e dirigenti, con ciò confermando dati che rivelano una tendenza estremamente selettiva nell’attribuzione degli aumenti di merito.

Le aziende italiane puntano in modo verticale sulla value proposition, che racchiude in sé una proposta di valore molto più estesa di quella che ha normalmente riguardo alla sola attrattività retributiva, dal momento che è frutto di una concezione differente, più sensibile alla nozione di flexibility concept.

Appare saggio, ad ogni modo, non nascondersi dietro le terminologie, le quali spesso vengono impiegate, e con artifizio, per scopi puramente riassuntivi ma anche per mascherare un triste dato che, eccezion fatta per il top executive managment sempre attratto e soprattutto sospinto verso entusiasmanti sfide proiettate al raggiungimento di quegli obiettivi che per così dire fanno la differenza perché premianti e qualificanti, impiegati e quadri si trovano ricollocati in una dimensione molto più competitiva che prima non apparteneva loro, almeno nella misura in cui oggi li vede costretti ad operare in un contesto lavorativo che è ispirato sempre di più al managment by obiectives; la intenzione è chiara e netta, attivare dinamiche di mercato più fluide, ma in special modo più agili economicamente, compensandole con i benefici tratti dalla flessibilità che trasforma in sostenibili (per non dire “ taglia ”) i costi organizzativi delle risorse umane che, diversamente, la “ componente fissa “ dello stipendio rischiava di indurre a valutare come “ poco convenienti, non ammortizzabili, antieconomici etc.

La nuova frontiera del lavoro nell’impresa privata italiana

Insomma, il tema del lavoro dipendente e subordinato, oggi totalmente ripensato con attenzione limitata e soffermata al privato impiego, si muove in un panorama di idee nuove che prendono i nomi di “ flexible benefits, supporto alla persona ed alla famiglia, scuola, sport, mobilità, assistenza medica. formazione, pensione, equità retributiva tra uomo e donna, gender pay gap e equal pay for equal job”.

Premi e salari risultano scalzati nella piramide in cui si articola il pacchetto retributivo destinato al lavoratore moderno italiano, che affronta le nuove sfide post emergenziali, da misure che mirano a garantire al medesimo soggetto un maggiore equilibrio familiare, sociale e relazionale, assumendo su di sè un ventaglio di oneri che vanno dall’obbligo di costante formazione, alla dotazione di un’auto presa a noleggio, dal pagamento delle spese dell’asilo nido e scuola materna sino all’attribuzione di borse di studio ai figli dei dipendenti etc.

Ecco la nuova frontiera del lavoro nell’impresa privata italiana!

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