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Megalopolis // RECENSIONE

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È difficile parlare di Megalopolis, il capolavoro promesso di Francis Ford Coppola, e non solo perché il film si è rivelato un flop al botteghino e nemmeno perché ha – lo diciamo subito – deluso le aspettative, ma perché mette così tanta carne al fuoco che nemmeno le due ore e diciotto minuti di proiezione sono bastate ad affrontare in maniera efficace tutti i temi proposti dal regista.

17 ottobre

Gli imperi possono cadere

È un peccato dover parlare in questi termini di questa pellicola, perché l’idea fondamentale alla base di Megalopolis era molto interessante: gli imperi, ci dice Coppola, possono cadere e proprio come l’Impero Romano è crollato sotto il proprio peso a causa dell’ingordigia, della corruzione e dell’avidità dei suoi potenti, così può accadere all’Occidente.

La New Rome di Megalopolis è intrigante, riscoprire che la storia si ripete può essere uno spunto brillante – ma, purtroppo, non basta. Non basta perché Megalopolis parla di rivoluzioni, utopie, valori, speranza e futuro, ma disattende tutte le aspettative raccontando una storia confusionaria, lunga e complessa.

Megalopolis: di cosa parla?

Partiamo dalla trama: Cesar Catilina è un architetto visionario che ha scoperto un nuovo materiale, il Megalon, che potrebbe creare un giardino dell’eden nel cuore di New Rome. Non solo: Catilina ha anche il potere di fermare il tempo. A frenare i suoi progetti c’è Franklyn Cicero, potente sindaco della città.

Quando Julia, figlia di Cicero, si innamora di Catilina, lo scontro si sposta sul piano personale.

Parlare di futuro con una voce vecchia

Con un copione che riprende e mixa confusamente Shakespeare e Marco Aurelio, Coppola ci consegna dei personaggi piatti, che si trasformano quasi in maschere, stereotipi, e purtroppo vengono raccontati da una voce che, pur volendo a tutti i costi parlare di futuro, lo fa con una visione non antica, ma vecchia.

C’è la donna salvifica, l’arrivista sgualdrina, il protagonista donnaiolo che si redime grazie all’amore di una donna santa, il padre giusto e severo e il cattivo della storia che fa apparire qualsiasi outsider come intrinsecamente malvagio. Avevamo davvero bisogno dell’ennesimo eroe seduttore appiattito su una mascolinità anni ‘50? Di una moglie gelosa e morta? Di una donna in carriera dipinta ancora una volta come una pazza squinternata e spietata?

Probabilmente no.

Un elemento fantastico sprecato

Come non avevamo bisogno di un elemento fantastico – il potere di Catilina – che ha il solo scopo di assecondare qualche frase a effetto.

L’intento del regista si percepisce – probabilmente, Coppola voleva usare un escamotage fantastico per discutere del valore del tempo, del passato a cui guardare senza fossilizzarsi e un futuro verso cui dobbiamo ricordare di proiettarci – ma purtroppo tra una trama troppo dispersiva e personaggi con cui non si riesce mai a entrare in empatia, non colpisce il bersaglio.

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