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11 mesi agoon
Anche se qualcuno si copre di stoffe damascate e recita bene la sua parte, la triste verità sulla gente è questa: siamo tutti topi avidi, affamati e lussuriosi. E questo è chiaro nella nuova messa in scena di Miseria e Nobiltà – che sarà al Teatro Augusteo di Napoli fino al 1 dicembre – uno degli spettacoli più brillanti che mi sia capitato di vedere negli ultimi tempi.
Con la regia di Luciano Melchionna, la storia di Eduardo Scarpetta si ammoderna – Felice Sciosciammocca (interpretato da un eccezionale Massimo De Matteo) diventa un professore laureato, Don Pasquale da salassatore si trasforma in un attore che è riuscito a fare solo la comparsa e, di tanto in tanto, sul palco viene lanciato qualche anglicismo – ma resta sempre fedele a se stessa.
Nella miglior tradizione della commedia napoletana, il senso dello spettacolo è uno solo: ridere delle miserie umane per sopravvivere, accendere una risata per rischiarare il fondo della disperazione.
La trama della celebre commedia è ben nota: Felice Sciosciammocca insieme alla compagna Luisella e al figlio Peppeniello – avuto dalla moglie Bettina, che non vede da sei anni – è costretto dalle condizioni economiche miserrime a condividere un appartamento con Don Pasquale e la sua famiglia, composta dalla moglie Concetta e l’affamata figlia Pupella, la cui unica gioia è il ricco spasimante Luigino Semmolone.
Tra il terribile carattere della sarta Luisella, che arriva persino a cacciare il povero Peppeniello, e la fame che affligge gli abitanti dell’appartamento, la situazione è ben difficile, al limite del sopportabile – fin quando, un giorno, il Marchesino Eugenio Favetti coinvolge (quasi) tutti in un piano che lo porterà a sposare la donna che ama, l’affascinante e bella ballerina Gemma Semmolone, sorella di Luigino. Felice, Don Pasquale e le loro famiglie dovranno vestire i panni dei nobili parenti del Marchesino per convincere il padre di Gemma, Gaetano Semmolone, a concedere la mano della figlia all’innamorato Eugenio.
Alla prospettiva di poter scroccare un pasto gratis, i miserabili accettano: ma l’imprevisto, si sa, è sempre dietro l’angolo e non tutto va come speravano.
La prima di questa nuova versione di Miseria e Nobiltà è stato un trionfo – del teatro che sorride a pubblico, della commedia napoletana, della bellezza e dell’arte. I pochi, significativi cambiamenti inseriti rispetto alla versione originale di Scarpetta hanno reso l’esecuzione degli attori – tutti incredibilmente bravi – ancora più luminosa e hanno dato alla commedia un taglio divertente e intenso.
Impossibile non plaudere anche alla scenografia – soprattutto quella del secondo atto – che gioca con i contrasti e con le luci, per non parlare dei costumi: folli, luccicanti e sontuosi e che, forse più di ogni altra cosa, riescono a ben sottolineare quanto la nobiltà, la differenza tra ricchi e poveri, uomini rispettabili e miserabili, sia solo una pantomima, una farsa, una bugia.
Siamo tutti uguali, tutti miserabili, umani, animali uniti dalla stessa fame e dalle stesse voglie. Tutto il resto, ci dice la commedia, è solo un costume, un vestito. E, come nelle migliore storie, la verità più autentica sta proprio dietro la finzione.
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