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I sorrisi tra Vladimir Putin e Donald Trump in Alaska sembrano ormai un ricordo. La questione del petrolio Russia USA ha effetti che superano il semplice scontro diretto tra Mosca e Washington. Le sanzioni americane contro Lukoil e Rosneft hanno spinto la Cina a sospendere temporaneamente gli acquisti di petrolio russo. Anche l’India sta valutando di ridurre i flussi, mettendo alla prova la “amicizia senza limiti” tra Putin e Xi Jinping. “Le sanzioni sono un atto ostile,” ha dichiarato Putin. “Nessun Paese con dignità cede sotto pressione. La stretta non fermerà l’economia russa.” Gli osservatori restano scettici.
Rosneft e Lukoil producono circa metà dei 4 milioni di barili giornalieri esportati dalla Russia. La maggior parte del greggio va ai mercati asiatici da quando l’Occidente ha fissato un tetto di 60 dollari a fine 2022. Cina e India hanno importato rispettivamente 2 milioni e 1,6 milioni di barili al giorno a settembre. Se Cina e India riducessero o sospendessero gli acquisti, Mosca perderebbe una fonte fondamentale per finanziare la guerra in Ucraina.
Dopo le sanzioni USA, PetroChina, Sinopec, Cnooc e Zhenhua Oil hanno bloccato gli acquisti via mare. Anche alcune raffinerie indipendenti potrebbero fermarsi per valutare l’impatto delle misure americane. Chi commercia con i colossi russi rischia di perdere accesso al sistema di pagamenti occidentale.
La sospensione del petrolio Russia USA peggiora la situazione economica cinese e aumenta la pressione in vista di un accordo sulle terre rare con gli USA. Il segretario al Tesoro Scott Bessent incontrerà il vicepremier cinese He Lifeng in Malesia per evitare dazi del 100% e preparare un possibile incontro Trump-Xi in Corea del Sud. Anche l’India potrebbe fermare i flussi di petrolio russo, colpendo soprattutto le raffinerie con rapporti diretti con Rosneft. Questa mossa favorirebbe un accordo commerciale tra USA e India.
Se Cina e India riducessero le importazioni, il mercato globale del greggio cambierebbe. Entrambi i Paesi dovrebbero rivolgersi a Stati Uniti e OPEC per le forniture. L’OPEC ha assicurato che interverrà in caso di carenze, limitando così il rialzo dei prezzi, già aumentato di oltre il 6%. Un aumento della domanda sotto l’egida dell’OPEC favorirebbe soprattutto l’Arabia Saudita, principale produttore e alleato USA in Medio Oriente. Il Paese è pronto a rafforzare i legami con gli Accordi di Abramo promossi da Trump.
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