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Strage di Erba: Olindo Romano e Rosa Bazzi nessuna revisione

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Per la strage di Erba resta l’ergastolo ad Olindo Romano e Rosa Bazzi. Respinta la richiesta di revisione del processo: dichiarate inammissibili le richieste di revisione della sentenza e smontata punto su punto tutta la tesi difensiva nell’acquisizione di presunte nuove prove da analizzare e riesaminare.

Resta quella parola già scandita davanti ad altri tribunali: ergastolo

Per i giudici infatti “Olindo e Rosa soli colpevoli”. Nonostante ci abbiano sperato fino all’ultimo, non ci sarebbe “nessuna nuova prova per rivedere la condanna” in via definitiva all’ergastolo. I due coniugi furono condannati per il quadruplice omicidio dell’11 dicembre del 2006 in cui persero la vita Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk di soli due anni, la nonna materna del piccolo e la vicina di casa Valeria Cherubini.

Assenza di novità e inconcludenza delle prove

Dopo 3 udienze e cinque ore di camera di consiglio, resta quella parola già scandita davanti ad altri tribunali. Ergastolo. La loro istanza di revisione della condanna a vita per la strage di Erba è stata dichiara dagli stessi giudici della Corte d’Appello della città lombarda “inammissibile“. Il che significa che rimangono, appunto, condannati all’ergastolo, come stabilito anche dalla Cassazione.

Nelle motivazioni con cui viene respinta la richiesta di revisione del processo, la corte sottolinea “l’assenza di novità e l’inconcludenza delle prove” e di come gli elementi offerti dalla difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi “si concentrano su dati di contorno o ambivalenti che, anche sommati e valutati unitamente alle prove già acquisite, non sono in grado d’incrinare il compendio probatorio su cui si fonda il giudizio di condanna“.

Nessuna contaminazione

Rispetto alla traccia di sangue trovata sulla Seat Arosa di Romano, “la scarsa maestria del brigadiere Fadda nel fotografare le tracce evidenziate dal luminol o nell’assemblare le fotografie non vale a destituire di valore il dato del rinvenimento sul battitacco della vettura di una traccia ematica contenente il profilo genetico di Valeria Cherubini, che già nei precedenti gradi di giudizio è stato escluso possa essere stata lì deposta durante la perquisizione e che neppure può sospettarsi essere frutto di una contaminazione in laboratorio“, essendo stata consegnata ed esaminata in un momento diverso dall’analisi degli indumenti delle vittime.

Il super testimone è attendibile

Il super testimone della strage di Erba, Mario Frigerio, è attendibile.

Ne è convinta la corte d’Appello di Brescia che, nelle motivazioni con cui respinge la richiesta di revisione di Olindo Romano e Rosa Bazzi, sottolinea come la tematica del cosiddetto “falso ricordo” sia già stata oggetto di ricorso in appello e in Cassazione, ma soprattutto di come in aula (primo grado) Frigerio sia stato “lucido e precisissimo nel fornire dettagli sui vicini, sulle abitudini familiari, sugli avvenimenti di quella giornata e sull’aggressione”.

Respinte le piste alternative

L’ipotetico movente legato a un regolamento di conti nell’ambito del traffico di sostanze stupefacenti sarebbe poi stato “invano approfondito nella prima fase delle indagini” e non avrebbe trovato “alcun riscontro“.

Inutile dunque cercare di svalutare la macchia di sangue di Valeria Cherubini trovata sul battitacco della Seat Arosa di Olindo, né chiamare in causa un tunisino che intendeva riferire i timori di Azouz quando era in carcere, per cercare di sostenere la pista alternativa del regolamento di conti nello spaccio di droga.

“Siamo soddisfatti”

Per i giudici tutte queste non sono infine prove nuove e non comportano il proscioglimento degli imputati, come impone invece il ristretto perimetro della revisione. Istanze quindi che non possono nemmeno essere analizzate nel merito.

Commentano il procuratore generale di Brescia Guido Rispoli e l’avvocato generale Domenico Chiaro: “Siamo soddisfatti perché sono state accolte le nostre richieste. Gli atti giudiziari bisogna studiarli dalla A alla Z e saperli leggere e tanti che hanno commentato questa vicenda non lo hanno fatto.” Per il procuratore generale la decisione dei giudici di Brescia conferma le prove “granitiche” contenute nelle tre sentenze precedenti.

Si era diffusa la vulgata secondo cui tutte le sentenze si basavano solo su tre indizi, invece fin dall’inizio vi era una piattaforma indiziaria che conduceva a Olindo Romano e Rosa Bazzi.” ha aggiunto Chiaro.

Indizi di conferma

L’intossicazione da monossido di carbonio su cui si concentra la consulenza della difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi “è indimostrata, giacché le analisi cui era sottoposto Frigerio non comprendono alcun accertamento circa la presenza di carbossiemoglobina ed egli è stato esposto ai fumi dell’incendio per un tempo molto più breve della moglie, poiché allontanato dalla fonte di esposizione dai primi soccorritori già intorno alle 20.25, ossia pochi minuti dopo l’aggressione“.

Per la corte “i consulenti pretendono di ricavare l’intossicazione dallo stato confusionale in cui versava Frigerio, attestato dal contenuto dei colloqui oggetto d’intercettazione, ma tale stato è agevolmente spiegabile con il grave trauma subito dal testimone, miracolosamente sopravvissuto a una violentissima aggressione, in cui, oltretutto, perdeva la moglie, e con le condizioni di prostrazione fisica e psicologica in cui si trovava“.

E ancora per i giudici “le discrasie su alcuni dettagli non inficiano la genuinità delle confessioni” dei coniugi, rese “dopo che Romano aveva chiesto di parlare con i pubblici ministeri, in presenza del difensore, ribadite nell’interrogatorio avanti al gip, non contestate per mesi e mesi, contenenti una pluralità di dettagli riscontrati dal complesso delle indagini e non smentiti dalle odierne nuove consulenze medico-legali.Informazioni che “potevano essere patrimonio conoscitivo solo degli autori della strage“.

Le lesioni subite da Valeria Cherubini non le hanno impedito né di urlare, né di salire le scale, la traccia ematica sulla soglia del terrazzo o quella all’ingresso dell’abitazione di Raffaella Castagna, la pianta spostata o presunti stranieri in strada “non provano in alcun modo che gli aggressori siano fuggiti dal terrazzo, anziché dal portone d’ingresso, sulla cui maniglia interna erano rilevate tracce del sangue di Valeria Cherubini, da cui si ricava in modo incontrovertibile che è da li che sono fuggiti gli aggressori“.

Come hanno reagito

Romano ha ascoltato il verdetto letto dal presidente Antonio Minervini impassibile, Bazzi ha accennato un gesto misto tra delusione e stizza. Poi ha pianto, secondo chi era nell’aula interdetta ai giornalisti.

I coniugi sono quindi tornati per il “fine pena mai” nelle carceri milanesi di Opera e Bollate. Carcere, quest’ultimo, dove Rosa Bazzi usufruisce del lavoro esterno per prestare la sua opera in un’azienda di pulizie. L’avvocato Fabio Schembri, difensore storico dei coniugi, non vuole però parlare di benefici del regolamento penitenziario. “Siamo delusi – dice dopo la sentenza – e faremo ricorso in Cassazione”.

Rimane battagliero anche Azouz Marzouk, che nella strage perse la moglie, Raffaella Castagna, il figlio Youssef, di due anni, e la suocera Paola Galli. Il tunisino si è costituito parte civile ma da tempo sostiene l’innocenza dei coniugi. “Io resto convinto che non siano stati loro. Finché non verranno riaperte davvero le indagini resto della mia idea”. Chiede scusa ai fratelli Castagna sui quali, tempo fa aveva avanzato ombre? “Non li conosco“, taglia corto.

Chiusa forse l’ultima pagina

Chiusa, forse, l’ultima pagina di questa triste storia, tornano a parlare i Castagna con Giuseppe e il fratello Pietro che chiedono di tornare a una “vita normale“.

La verità, dice Pietro ripostando un video con l’immagine delle vittime della sua famiglia, “è stata ribadita per l’ennesima volta. Gente senza scrupoli né morale guardi questo video e ci chieda scusa. Chiedete scusa al piccolo Fefè, a Raffaella, a nostra madre Paola, alla signora Valeria, al signor Mario, a Elena e Andrea, a nostro padre, a Beppe e a me. A tutti noi”.

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