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Cinema: a Venezia due storie napoletane potrebbero vincere il Leone d’Oro

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L’Italia in questi ultimi mesi ha vinto spesso, tanto e in ogni ambito: dallo sport – tra gli innumerevoli risultati conseguiti quest’anno impossibile non citare la vittoria agli europei e l’incredibile medagliere conquistato alle olimpiadi di Tokyo – ai riconoscimenti scientifici fino, adesso, alla possibilità di vincere un premio anche nella settima arte grazie ai film in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.

Due storie di Napoli

Dopo la pausa forzata del 2020, la Mostra è ritornata quest’anno più luccicante che mai.

In lizza per l’ottenimento di uno dei premi principali (ovvero il Leone d’Oro al miglior film, il Leone d’Argento al Premio della Giuria e il Leone d’Argento alla miglior regia) c’è anche la pellicola di Paolo Sorrentino con Toni Servillo intitolata “È stata la mano di Dio”.

In gara anche “Qui rido io” di Mario Martone, sempre con Toni Servillo come protagonista.

È stata la mano di Dio

Il film di Sorrentino, distribuito in Italia da Netflix, è ambientato a Napoli negli anni ‘80.

Protagonista della storia è Fabio, un ragazzo di diciassette anni che vedrà sconvolta la sua vita da due grandi avvenimenti: l’arrivo di Maradona nella squadra del Napoli e un terribile incidente.

La critica ha definito il film come commovente e maturo, forse il migliore prodotto da Sorrentino – già autore, com’è noto ai più, del film premio oscar de “La Grande Bellezza”. La voce di Sorrentino è trascendentale, onirica e contemporaneamente cruda.

C’è della poesia nella delusione e nel cinismo, c’è un luccichio di speranza in fondo a ogni angolo buio della nostra vita e Sorrentino è molto bravo a ricordarcelo – la sua firma è questa poesia beffarda e piena d’amore e speriamo che la sua rielaborazione in chiave felliniana delle ossessioni napoletane riesca a conquistare uno dei Leoni Veneziani.

Qui rido io

Nel film di Mario Martone, invece, il protagonista è Eduardo Scarpetta, commediografo e attore napoletano, interpretato da Toni Servillo.

L’artista, al culmine del suo successo, vive un equilibrio precario fatto di famiglie confuse, tradimenti e figli illegittimi (tra cui figurano i celeberrimi Eduardo, Peppino e Titina) decide di mettere in scena la parodia di un’opera di D’Annunzio, “La figlia di Iorio”.

L’idea è sconcertante: D’Annunzio è il poeta più importante d’Italia e una parodia pare ai più una cosa impensabile. La messa in scena dello spettacolo mette in moto una serie di eventi assurdi e stravolgenti – alla fine, Scarpetta viene denunciato da D’Annunzio per plagio… 

Martone, con questo film, fa una dichiarazione d’amore alle storie, al cinema e al teatro, ma soprattutto al mestiere dell’attore che impara a ridere di tutto – della vita e del tempo che inesorabilmente scorre, e che con una risata sotterra l’Italietta seriosa e noiosa che, invece, non è capace di prendersi meno sul serio.

Gli avversari

I film hanno per adesso riscosso un notevole successo, ma ha anche dei temibili avversari: Jane Campion, con il suo “The power of the dog”; Audrey Diwan con “L’événement”; Ana Lily Amirpour con “Mona Lisa and the blood moon”; Pedro Almodovar con “Madres Paralesas” e Gastòn Duprat e Mariano Cohn con “Competencia Oficial”.

Impossibile dire, per adesso, chi vincerà – ma, in ogni caso, ciascuno di noi avrà guadagnato delle storie belle e appassionate che brilleranno anche se non verranno investite dell’Oro di Venezia. 

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