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2 mesi agoon
Nel panorama sanitario italiano, un tema che continua a suscitare dibattiti è l’umanizzazione delle cure, soprattutto nel contesto dell’oncologia. Nonostante numerosi studi dimostrino l’importanza di cure orientate alla persona, la formazione dei medici e degli infermieri in questo ambito è spesso insufficiente o addirittura assente. Un recente studio ha rivelato che su una scala da 0 a 10, la formazione dei medici sulla comunicazione clinica e sulla relazione di aiuto ai pazienti ha ottenuto un punteggio di 2,75, il che ha un impatto negativo nelle patologie complesse come il cancro.
Per affrontare questa lacuna formativa, è stata istituita la scuola “Humanities in Oncology” dal CIPOMO, Centro Interuniversitario di Psico-Oncologia e Medicina delle Emozioni. Si tratta di un’iniziativa innovativa, la prima in Italia e tra le prime in Europa, che mira a creare una connessione tra l’oncologia, le scienze umane applicate in medicina e l’addestramento alla comunicazione.
Il programma della scuola prevede un corso iniziale a Piacenza il 1° marzo, seguito da una serie di altre iniziative distribuite sul territorio nazionale, tra cui corsi FAD, workshop tematici e corsi itineranti. Il lancio ufficiale della scuola è avvenuto nell’aula Benedetto XVI, presso il Collegio Teutonico della Città del Vaticano, con il patrocinio della Pontificia Accademia per la Vita.
“La nostra scuola punta a favorire quell’insieme di competenze comunicative relazionali e umane necessarie nella professione dell’oncologo” – spiega Luisa Fioretto, presidente Cimopo, socio fondatore della Scuola, direttore del Dipartimento Oncologico dell’azienda sanitaria Toscana Centro. “Sono competenze che restano spesso al di fuori dei normali percorsi formativi universitari e post-universitari. In un’ottica di formazione continua la Scuola potrà rappresentare uno spazio di crescita per tutti gli oncologi interessati a percorsi specialistici post-universitari nell’ambito della comunicazione e delle medical humanities”. Per umanizzazione delle cure s’intende quel processo in cui si deve porre il malato al centro della cura.
“Questo concetto segna il passaggio da una concezione del malato come mero portatore di una patologia ad una concezione del malato come persona, con i suoi sentimenti, le sue conoscenze, le sue credenze rispetto al proprio stato di salute – continua la presidente Fioretto –In questo contesto il processo di umanizzazione consiste nel ricondurre al centro l’uomo con la sua esperienza di malattia e i suoi vissuti”.
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