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Secondo la Procura di Milano, Chiara Ferragni e il suo allora collaboratore Fabio Damato avrebbero avuto un ruolo centrale nelle campagne commerciali da cui sarebbe nata la presunta truffa legata al Pandoro Pink Christmas Balocco e alle uova di Pasqua Dolci Preziosi. L’influencer, grazie ai suoi 30 milioni di follower, avrebbe garantito alle iniziative “grande diffusività”, e le sue società avrebbero avuto “l’ultima parola” sugli accordi con le aziende coinvolte.
È quanto sostenuto in aula dall’aggiunto Eugenio Fusco e dal pm Cristian Barilli, che hanno chiesto per Ferragni una condanna a un anno e otto mesi, senza sospensione condizionale né attenuanti. Stessa richiesta per Damato. Per il presidente di Cerealitalia, Francesco Cannillo, i magistrati hanno invece domandato un anno con attenuanti.
Ferragni ha voluto replicare subito alle accuse, leggendo dichiarazioni spontanee durante l’udienza a porte chiuse:
“Tutto quello che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto in buona fede. Nessuno ha lucrato”, ha detto, visibilmente emozionata, prima di lasciare il Tribunale tra telecamere e fotografi. Ai cronisti ha aggiunto: “Sono fiduciosa”.
Il suo legale, l’avvocato Giuseppe Iannaccone, ha annunciato che il 19 dicembre la difesa chiarirà il senso delle scelte contestate, convinta che emergerà l’innocenza dell’imprenditrice. La sentenza è attesa per metà gennaio.
Secondo l’accusa, e sulla base delle mail acquisite nelle indagini, sarebbero state proprio le società di Ferragni a dare le indicazioni principali nella comunicazione dei prodotti. Quando Balocco riceveva messaggi da clienti che chiedevano quale parte del prezzo — raddoppiato rispetto al normale — sarebbe stata destinata alla beneficenza, spesso non arrivava una risposta chiara. Lo stesso sarebbe avvenuto per le uova di Pasqua.
Un utente, ad esempio, chiese: “Compro un uovo: quanto di quello che pago va al progetto benefico?”
Per i pm, a gestire anche la fase delle risposte sarebbero state le società legate a Ferragni.
Il cosiddetto “pandoro-gate” sarebbe esploso quando la giornalista Selvaggia Lucarelli iniziò a porre domande pubbliche sulla trasparenza delle operazioni.
Un tema cruciale è l’aggravante della “minorata difesa” dei consumatori online. Se venisse esclusa, alcune ipotesi di reato cadrebbero per mancanza di querela.
Secondo l’avvocato Aniello Chianese, legale della Casa del Consumatore, i follower tendono a fidarsi degli influencer e sono quindi più esposti alla persuasione. La Procura sostiene inoltre che l’aggravante sia valida anche perché gli acquisti avvenivano nella grande distribuzione, amplificando gli effetti dello slogan di Ferragni: “Fai non un buon Natale, ma un Natale buono”.
Secondo il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza, nel biennio 2021–2022 Ferragni avrebbe ottenuto profitti ingiusti per circa 2,2 milioni di euro, in relazione alle vendite dei prodotti che avrebbero pubblicizzato in modo ingannevole la beneficenza.
L’imprenditrice, però, ha già chiuso la parte amministrativa della vicenda, effettuando donazioni per 3,4 milioni di euro. La Procura ritiene comunque che ciò non giustifichi attenuanti.
Ferragni ha ricordato anche le iniziative benefiche promosse negli anni, tra cui la raccolta fondi per la terapia intensiva del San Raffaele durante il Covid e il suo impegno contro la violenza sulle donne, sostenuto anche in occasione di Sanremo.
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