Un nuovo spiraglio si apre nel conflitto in Medio Oriente, giunto al giorno 638: Hamas ha accettato la proposta americana per un cessate il fuoco, dichiarandosi pronto ad avviare immediatamente un ciclo di trattative. La risposta, giudicata “positiva” anche dai mediatori del Qatar, include richieste di piccole modifiche al testo originario. A confermarlo sono fonti vicine al gruppo palestinese, mentre da Tel Aviv giunge un primo, cauto segnale di apertura da parte del governo israeliano, che si dice disponibile a colloqui indiretti.
Nel frattempo, il prezzo del conflitto continua ad aumentare: almeno 29 persone sono state uccise a Gaza in nuovi raid aerei israeliani lanciati nelle prime ore del mattino. Lo riferiscono fonti ospedaliere locali ad Al Jazeera, denunciando bombardamenti intensi in diverse aree della Striscia.
Un segnale da Teheran: riaperto lo spazio aereo
In parallelo, un altro sviluppo significativo arriva dall’Iran, che ha riaperto il proprio spazio aereo per la prima volta dal 13 giugno, segnale che potrebbe indicare un allentamento della tensione nella regione. La chiusura era stata decisa in risposta a operazioni militari nella regione e alle tensioni crescenti con Israele e gli Stati Uniti.
Il contesto: trattative complesse e una crisi umanitaria
La proposta americana prevede un cessate il fuoco a più fasi, il rilascio graduale degli ostaggi israeliani ancora detenuti da Hamas, la liberazione di prigionieri palestinesi e l’aumento degli aiuti umanitari alla popolazione civile di Gaza, ormai allo stremo dopo oltre 21 mesi di guerra.
Le modifiche richieste da Hamas – secondo fonti diplomatiche – riguarderebbero le garanzie sul ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia, la ricostruzione del territorio devastato e l’impegno per una tregua duratura e non temporanea.
Prospettive e ostacoli
Sebbene il sì di Hamas rappresenti un passo avanti, la strada per un accordo definitivo resta complessa. In Israele, la leadership politica è divisa sulla possibilità di negoziare con Hamas, mentre le famiglie degli ostaggi continuano a chiedere un’intesa immediata che metta fine alla crisi.
Nel frattempo, gli sforzi diplomatici di Stati Uniti, Qatar ed Egitto proseguono nel tentativo di trasformare questa fragile apertura in un vero accordo di cessate il fuoco.