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A quasi un decennio dalla morte di Lucía Pérez, una ragazza di 16 anni originaria di Mar del Plata, la vicenda continua a suscitare dibattito in Argentina e non solo. Il suo caso è diventato un simbolo delle richieste di giustizia e di una più attenta considerazione della violenza di genere nei tribunali.
Nell’ottobre del 2016, a Mar del Plata, la sedicenne Lucía Pérez morì dopo essere stata drogata e violentata. Tre uomini – Matías Farías, Juan Pablo Offidani e Alejandro Alberto Masiel – furono accusati di aver avuto un ruolo nella vicenda. Le accuse iniziali riguardavano violenza sessuale aggravata, omicidio e favoreggiamento.

Nel 2018, il primo processo si concluse con un’assoluzione dalle accuse di omicidio e stupro, riconoscendo ai tre uomini soltanto la responsabilità per la vendita di droga. Secondo i giudici, non vi erano prove sufficienti per dimostrare che la ragazza non fosse consenziente e che il rapporto sessuale fosse stato imposto con la forza. La decisione generò un’ondata di proteste in tutto il Paese, alimentando il movimento Ni Una Menos, simbolo della lotta contro la violenza di genere.
Dopo anni di ricorsi presentati dalla famiglia di Lucía e di proteste, nel marzo del 2023 una nuova corte ribaltò la sentenza precedente. Matías Farías venne condannato all’ergastolo per femminicidio, mentre Juan Pablo Offidani ricevette otto anni di carcere come complice.
La corte sottolineò che la prima sentenza non aveva tenuto conto del contesto di vulnerabilità della giovane e dell’evidente squilibrio di potere tra gli adulti imputati e una ragazza di appena sedici anni.
La famiglia di Lucía, sostenuta da numerosi collettivi e associazioni, ha continuato a battersi per anni affinché la vicenda non venisse dimenticata. In particolare la madre Marta Montero, ha continuato a battersi per la giustizia della figlia, trasformando la tragedia in una battaglia collettiva.
Oggi, a distanza di anni, la vicenda di Lucía Pérez continua a rappresentare una ferita aperta nella società argentina, ma anche un simbolo di resistenza. Per molti, la sua storia ha contribuito a cambiare il modo in cui il Paese guarda ai femminicidi e alle vittime di abusi, spingendo le istituzioni verso una maggiore consapevolezza e responsabilità.
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