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Cinema

“Dion 2”: il superpotere del cringe

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Dopo una lunghissima attesa, finalmente su Netflix è arrivata la seconda stagione di Raising Dion. Ma questo secondo capitolo delle avventure del piccolo supereroe e di sua madre non è all’altezza del suo predecessore e non ci ha proprio convinto: in questo articolo vi spieghiamo perché.

Raising Dion

Raising Dion, arrivato in Italia semplicemente come Dion, è stata una serieTV che, nel 2019, ha raggiunto un inaspettato successo. Pensata per un pubblico giovane ma comunque avvincente per tutta la famiglia, la prima stagione di Raising Dion raccontava della scoperta dei superpoteri del protagonista, un bambino di sette anni di nome Dion, che, insieme alla madre, cerca di risolvere il mistero che avvolge la morte del padre.

Perseguitato da un orribile uomo di fulmini, chiamato dal bambino stesso “l’uomo storto”, Dion con la scusa della trama fantastica ha raccontato del superamento del lutto, delle difficoltà che possono accompagnare la maternità e della tenerezza ingenua dell’infanzia, accennando anche a tematiche come il razzismo, la disabilità, il consenso e l’omosessualità. Dion con dolcezza ci conduce, insieme al suo protagonista, dal mondo dell’infanzia a quello degli adulti, dove le cose sono sempre complesse, stratificate e il mondo non si divide mai tra “buoni e cattivi”.

È facile capire perché questa serie abbia avuto successo e per questo tutti attendevano con ansia il secondo capitolo della storia di Dion: purtroppo, però, le speranze di trovare un prodotto altrettanto valido si sono dimostrate, sin da subito, vane.

Un’immagine della prima stagione.

Il paragone impietoso con la prima stagione

Sin dalla prima puntata appare evidente l’inspiegabile e deludente cambio di rotta. A fronte dei pochissimi elementi indovinati – come il nuovo villain Brayden, capace di manipolare la mente altrui – la seconda stagione di Raising Dion è radicalmente diversa rispetto alla prima, già a partire dalla scelta dei colori, delle luci e della fotografia.

Dimenticatevi argomenti che si distacchino anche solo brevemente dalla trama principale e la sensibilità della prima stagione: in questo capitolo ci sono forse più effetti speciali ma molta meno sostanza, molto del supereroe e poco del bambino Dion. Tra personaggi snaturati e trame improbabili, il paragone risulta essere impietoso e verrebbe quasi da dire che sarebbe stato meglio se il regista e lo sceneggiatore si fossero fermati alla prima stagione.

Guardando questa immagine non si può fare a meno di pensare che l’Uomo Storto sarebbe forse stato battuto anche da un buon aspirapolvere.

Buchi di trama e filoni dimenticati: un disastro

Questa parte della recensione contiene spoiler della prima e della seconda stagione di Raising Dion: se non le avete viste, non andate oltre.

È difficile scegliere da quale punto cominciare per parlare di cosa non ha funzionato in questa seconda stagione. Oltre gli innumerevoli buchi di tramacome fa Pat a sopravvivere e perché il suo corpo si rigenera? Perché l’energia dell’uomo storto dall’incredibile e spaventosa massa di fulmini della prima stagione si trasforma in quello che somiglia al contenuto del sacchetto dell’aspirapolvere? Come mai Esperanza resiste al controllo mentale di Brayden? Ma soprattutto: visto che l’energia maligna annidata nella dolina si comporta come un virus o un batterio, perché annientando la fonte originaria le persone affette dalla malattia sono guarite? – e alle dubbie scelte riguardo le relazioni tra i personaggi – che legano l’uno con l’altro dopo quattro giorni di conoscenza e manca poco che si giurino amore eterno – interi filoni iniziati nella prima stagione di Dion sono stati completamente dimenticati.

Non si parla infatti più dei Potenziati assorbiti dall’uomo deforme e della loro energia che, come aveva asserito Mark e come inspiegabilmente nessuno ricorda in questa stagione, non si disperde ma si conserva; la storia di Jonathan, accennata nella prima stagione e che meritava un approfondimento (anche perché ce lo ritroviamo, improvvisamente, tra le file dei migliori amici di Dion), viene abbandonata del tutto; infine, non si indaga minimamente la fonte dei poteri del protagonista o le conseguenze sulla Terra dell’intervento dell’uomo deforme… ma potrei andare avanti ancora per molto tempo.

Personaggi superficiali che si appiattiscono verso la commedia

Ma, forse, la cosa peggiore non è la trama-groviera e la coerenza narrativa che si disintegra come Jeanette: la cosa peggiore è l’inspiegabile e desolante appiattimento dei personaggi. Se nel primo capitolo di Dion ogni personaggio risultava ben caratterizzato, approfondito, coerente e soprattutto stratificato, adesso tutti, protagonista compreso, agiscono con estrema superficialità.

Sicuramente questa potrebbe essere una conseguenza della scelta di ignorare tutte le tematiche che erano state il punto di forza del prodotto, che adesso si appiattisce verso la commedia pre-puberale e che fa comportare tutti i protagonisti come pre-adolescenti in piena crisi ormonale –  ma, forse, se si fosse puntato almeno sui personaggi si sarebbe potuto salvare qualcosa ed evitare il risultato disastroso a cui abbiamo purtroppo avuto la sventura di assistere.

Dion che fugge dai buchi di trama e dalle battutine pre-puberali

Il superpotere del Cringe

Tutto questo senza contare la sensazione di imbarazzo che accompagna la visione della seconda stagione di Dion dalla prima all’ultima scena: i personaggi si comportano in modo così  infantile (più gli adulti dei ragazzini), affettato, stereotipato e insopportabilmente lamentoso e melenso da far provare un intenso disagio a chiunque si costringa alla visione di questo capitolo della storia.

Se non conoscete bene il senso della parola “cringe”, descritta dall’enciclopedia Treccani come  aggettivo che “significa ‘imbarazzante’, ma in un’accezione particolare: è cringe ciò che suscita imbarazzo e al tempo stesso disagio in chi lo osserva”, la seconda stagione di Dion potrebbe effettivamente fare al caso vostro: altro che telecinesi, telepatia o manipolazione della materia, il vero superpotere dei personaggi è la capacità di stringere gli spettatori nella morsa del cringe più assoluto.

Pat, nonostante i suoi innumerevoli problemi, non conduce gli spettatori nell’inferno del cringe.

La terza stagione

La speranza, alla fine di questa seconda e terribile stagione, è che la terza ritorni alle origini e riconduca Dion allo stile e al sapore del primo capitolo della sua storia. Nel frattempo ci si ritrova, sorprendentemente, a tifare per Pat e l’improponibile chioma scolorita di cui ha fatto sfoggio nella scena dopo i titoli di coda (se ve la siete persa, tornate a vederla: è una delle poche cose gradevoli di questi otto, lunghissimi episodi).

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