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Infibulazione su una bambina di otto anni: aperte le indagini

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Lesioni personali aggravate: questa l’accusa ipotizzata dalla procura di Lecce nei confronti dei genitori di una bimba di otto anni che sarebbe stata sottoposta alla pratica dell’infibulazione.

Il sospetto della violenza sessuale

La piccola era stata portata in ospedale per un’emorragia e dei forti dolori al basso ventre. La madre e il padre della bambina hanno provato a sostenere che fosse caduta in casa, ma i medici, visitandola,  hanno riscontrato una verità ben diversa.

I sanitari hanno infatti non solo il fondato sospetto che la piccola abbia subito una violenza sessuale, ma anche che, in passato, sia stata sottoposta a infibulazione.

Bimba infibulata: genitori iscritti al registro degli indagati

I genitori sono stati quindi iscritti al registro degli indagati con l’accusa di lesioni personali aggravate. La Procura per i minorenni ha disposto loro il divieto di avvicinamento alla piccola mentre gli inquirenti portano avanti le indagini per scoprire cosa sia effettivamente successo.

La bambina, già dimessa, è stata affidata agli assistenti sociali e collocata in una comunità.

Cos’è l’infibulazione?

L’infibulazione è una forma di mutilazione genitale femminile che viene praticata soprattutto in alcuni Paesi Africani, nel Sud America e nel Medioriente. L’unico scopo di questa pratica è quello di impedire alle donne di avere rapporti sessuali prima del matrimonio. Le donne infibulate, inoltre, perdono la capacità di provare piacere durante i rapporti, che diventano estremamente dolorosi.

L’infibulazione non ha alcuna utilità medica e può provocare, nell’immediato, gravi emorragie e lesioni che possono riguardare anche l’uretra e l’intestino. Nel lungo periodo, invece, l’infibulazione può condurre alla formazione di fistole, cisti, cheloidi e ascessi, aumentare il dolore durante le mestruazioni, provocare infezioni croniche del tratto urinario e della pelvi, nonché insufficienza renale. L’infibulazione aumenta anche la possibilità di incorrere complicazioni durante il parto.

In Italia tale pratica è proibita e viene punita con una condannai dai 4 ai 12 anni di carcere.

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