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Costume e Società

L’unica scelta che un giovane italiano può fare è scappare.

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Osteggiati, colpevolizzati e derisi: mai i giovani italiani sono gli unici in Europa ad avere gli stipendi più bassi di sempre.

L’Italia è, oggi, sesta in Europa per numero di working poor, letteramente “i lavoratori poveri”:  nella fascia di chi guadagna dai 550 ai 820 euro al mese, quasi un milione e mezzo di persone, si stima che il 26% potrebbe non avere denaro sufficiente per pagare il riscaldamento.

I giovani laureati italiani sono i meno pagati d’Europa.

Forse, ai più, questa notizia non suonerà come una sorpresa ma leggerlo fa sempre un certo effetto.

Ma l’estrattivismo sui salari riguarda ormai tutti i settori della produzione. I laureati nati negli anni Settanta percepiscono 35mila euro in meno rispetto ai laureati nati nel decennio precedente. Il divario tra il salario dei diplomati e di chi ha conseguito un titolo superiore si sta restringendo.

Oggi chi è in possesso di una laurea triennale è retribuito appena il 2,3% in più rispetto a un diplomato.

Basta dare uno sguardo al Rapporto annuale dell’Istat per rendersene conto. Dal 2008 al 2020, 355mila giovani tra i 25 e i 34 anni, circa il 5,9% del totale, si sono trasferiti all’estero, la maggior parte dei quali con un basso livello di istruzione o, al contrario, con un alto livello di specializzazione e, solo il 2-3%, rientrerà in Italia.

E’ impossibile, per un giovane, pensare a costruirsi una famiglia…

Per quanto riguarda la prospettiva di costruire una famiglia, anche il 2020 ha visto un record negativo di nascite, cosa per la quale sistematicamente si punta il dito contro le donne che non vorrebbero fare più figli perché concentrate troppo sulla carriera. In realtà, come sottolineava il Rapporto dello scorso anno, il numero di figli desiderato è più alto di quello reale e sono solo 500mila gli individui tra i 18 e i 49 anni che affermano di non volerne.

Per l’Istat, è proprio l’incertezza economica il primo ostacolo alla fecondità. Uno stipendio che consente di arrivare a malapena a fine mese significa non avere la possibilità di mettere qualcosa da parte per il futuro, specialmente se si vive in città come Roma o Milano, dove gli affetti arrivano alle stelle: un bilocale nel capoluogo lombardo va dai 650, nelle zone meno centrali, ai 1.700.

Ma quanto prende in media un giovane laureato, in Italia?

Tenendo conto del costo della vita, per chi continua a lavorare nel nostro Paese, il salario all’inizio della carriera si attesta attorno ai 23mila euro lordi. A dare questo dato aggiornato è una classifica stilata dalla società di consulenza Willis Towers Watson, che compara gli stipendi dei ragazzi, soprattutto del ‘vecchio continente’, dopo i primi anni di lavoro. E il paragone, a volte, è davvero imbarazzante: in Lussemburgo e Svizzera, ad esempio, guadagnano il doppio rispetto ai nostri giovani.

In Svizzera e Lussemburgo stipendi al top, Italia ultima
Lo studio ha preso in considerazione i dipendenti di aziende multinazionali di una sessantina di Paesi e, a primeggiare, è proprio la Svizzera. Un giovane svizzero laureato percepisce in media 88.498 dollari all’anno, come stipendio di base lordo. Ccontro i 63.007 dollari di un abitante del Lussemburgo e i 61.355 di un danese.

A seguire c’è poi la Germania, dove la retribuzione è di 60.336 dollari. Ultima la Spagna, con 33.881 dollari. Ma i conti vanno fatti per bene, considerando anche il peso della pressione fiscale e delle spese correnti. A quel punto, infatti, la classifica varia e siamo noi italiani a rimetterci; i laureati svizzeri scendono al secondo posto, con 58.530 dollari (51.400 euro), dietro al Lussemburgo (58.865) e davanti alla Germania (47.000).

Per i diplomati la situazione non cambia
Sempre secondo la società Willis Towers Watson, in Italia un diplomato al primo impiego guadagnerebbe al massimo 24.569 euro lordi. E alla voce “avanzamento di carriera”, la situazione è ancora più drammatica. I diplomati, infatti, difficilmente riescono a scavalcare le posizioni da impiegati.

I cosiddetti “millennial” non solo sono una delle generazioni più povere della storia, ma guadagnano molto meno rispetto ai loro predecessori, quindi ai loro genitori e addirittura nonni, ribaltando il meccanismo di crescita che dovrebbe stare alla base di un paese così sviluppato. In Italia, poi, la situazione è ancora più preoccupante: i nati dopo il 1986 hanno il reddito pro capite più basso della storia italiana e un quarantenne di oggi possiede un reddito annuo di 10mila euro inferiore rispetto a un quarantenne nato tra il 1946 e il 1965.

Però questi dati non allarmano la classe politica, anzi. Non fanno altro che alimentare quella retorica colpevolizzante onnipresente nei confronti delle nuove generazioni.

Io giovani vengono chiamati “mammoni”, pigri, i giovani non vogliono fare la gavetta, vogliono tutto servito su un piatto d’argento.

Forse i giovani hanno semplicemente capito che lo sfruttamento non si deve nascondere dietro la parola “gavetta” e vogliono essere trattati con dispetto.

Draghi qualche giorno fa, ha detto che il futuro dell’Italia e nelle mani dei giovani, sono i giovani che devono rendere grande l’Italia adesso. “Dobbiamo essere noi a dare loro i mezzi per farlo.” Forse, quando finalmente si smetterà di dare la colpa ai giovani e si penserà davvero a sistemare le cose, forse i giovani non porteranno più il loro “genio” altrove, ma lo metteranno al servizio della loro patria.

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Direttore responsabile: Maurizio Cerbone Registrazione al Tribunale di Napoli n.80 del 2009 Editore: Komunitas S.r.l.s. - P.IVA 08189981213 ROC N° 26156 del 25 gennaio 2016