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1 anno agoon
In Kenya, Collins Jumaisi Khalusha, reo confesso – ma per l’avvocato si tratta di parole estorte dagli inquirenti – di 42 omicidi di donne tra cui sua moglie, a partire dal 2022 è evaso. Nonostante la confessione, non tutti sono convinti della sua colpevolezza.
L’uomo fu arrestato a luglio in un locale dove era andato a vedere una partita di calcio. Nove corpi, mutilati e smembrati, erano stati rinvenuti in sacchi dell’immondizia in una cava della periferia di Nairobi.
Gli investigatori sono risaliti all’uomo dopo aver analizzato il cellulare di una delle vittime, e ritengono che per uccidere abbia usato il machete trovato nella sua casa.
Durante la perquisizione della casa di Jumaisi infatti – era stato fatto sapere – erano stati trovati oggetti sospetti: un machete, sacchi di nylon, guanti di gomma industriali, diverse carte d’identità, biancheria intima femminile e una corda, tutti materiali compatibili con lo stato dei corpi nella cava, brutalmente smembrati e inseriti in sacchi di plastica.
L’evasione è stata da film. Secondo un rapporto ufficiale della polizia, citato dalla Bbc, i fuggitivi hanno tagliato una rete metallica del tetto e poi hanno scalato un muro perimetrale.
Otto ufficiali sono stati sospesi, in attesa che l’indagine stessa definitiva accerti le responsabilità dell’evasione. “Le nostre indagini preliminari indicano che la fuga è stata favorita dagli addetti ai lavori.” ha dichiarato martedì l’ispettore generale Gilbert Masengeli, secondo quanto riporta il New York Times.
La plausibile complicità delle forze dell’ordine keniote nella fuga di un così efferato presunto omicida non è certo rassicurante per le donne in Kenya e, in generale, intensifica le preoccupazioni per la violenza di genere nella Nazione. Un timore già presente nel paese dell’Africa orientale, dove le donne erano scese in piazza a protestare nella capitale Nairobi durante il mese di gennaio 2024.
Un appello agli organi giudiziari era stato lanciato anche dalla commissione Kenya per i diritti umani, proprio in occasione della cattura di Jumaisi.
Sul proprio sito, la Knchr richiama la necessità di indagini forensi approfondite, di trasparenza e responsabilità in tutte le fasi delle indagini. Poi conclude richiamando anche altri casi mai risolti, come quello inerente al ritrovamento di alcuni corpi presso i fiumi Yala e Tana. “Come Commissione, segnaliamo la mancanza di conclusioni investigative su tutti quei casi precedenti”.
Gli allarmanti particolari però non finiscono qua. Secondo alcune accuse circolate sui social, Collins Jumaisi Khalusha si sarebbe auto-accusato, sotto pressione, dei delitti di donne in realtà vittime (almeno in parte) della violenza delle autorità.
Il Paese africano è devastato dalle proteste dei civili contro il governo. Nel mirino dei giovani l’aumento delle tasse, tanto da chiedere la testa del presidente William Ruto. Negli ultimi mesi la polizia è finita nel mirino dell’opinione pubblica per i metodi troppo violenti: decine le denunce dei gruppi per i diritti umani circa sparizioni forzate ed esecuzioni nascoste al popolo.
Nonostante le denunce di scomparsa, le autorità sono state accusate di non aver fatto nulla, lasciando di fatto campo libero all’assassino. Una falla, l’ennesima, in un Paese dall’equilibrio traballante. Il caso giudiziario di Khalusha è destinato a tracciare un solco nella storia del Kenya.
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