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Barbie – The Movie // RECENSIONE

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BARBIE

Il rosa è trasversale

Dire che il cinema, ieri, fosse affollato sarebbe assai riduttivo: non vedevo una sala così gremita dai tempi – ormai preistorici – in cui ancora non avevamo mai sentito nominare il Covid. Un oceano di persone, diversissime tra loro per età, aspetto e modo di parlare, ha trovato qualcosa di rosa da indossare e, come un’onda, uno tsunami colorato, ha riempito il multisala per vedere “Barbie – The Movie”.

Mentre mi sentivo a disagio nella mia t-shirt nera e camminavo dietro a una signora che indossava delle ciabatte magenta ricoperte di piume, ho capito che nessuno di noi, neanche quelli che di rosa avevano solo un ombretto o un braccialetto, hanno mai dimenticato com’era giocare con Barbie. I registi lo sanno: i sogni d’infanzia sono la strada più breve per raggiungere il cuore di tutti i bambini… anche – e anzi: soprattutto – quelli ormai diventati grandi.

E in effetti non possiamo dire che questo sia un film dedicato ai più piccoli. Tra doppi-sensi e sottigliezze, “Barbie – The Movie” si rivolge a un pubblico di adulti, bambini decisamente cresciuti che sono delusi dal grigiore della propria vita e che desiderano solo poter tornare a sognare, a vedere un po’ di rosa – senza, però, sapere come.

Barbie, in questo film, vuole mostrarci la strada più breve per ricominciare a farlo. E se pensate che questo sia un obiettivo troppo ambizioso per un film che parla di una bambola bionda, state sbagliando: in questa recensione, vi racconto perché.

Di cosa parla “Barbie – The Movie”?

La trama, all’inizio, potrebbe sembrare addirittura banale: in un mondo dove ciascuna Barbie può essere qualsiasi cosa desideri e dove ogni giorno è migliore del precedente, Barbie Stereotipo – interpretata dalla splendida ma soprattutto bravissima Margot Robbie – è vittima di uno stranissimo malfunzionamento: improvvisamente si ritrova ad avere i capelli fuori posto, i piedi piatti e… pensieri di morte.

Allarmata dall’imperfezione che sta sconvolgendo la sua routine, chiede consiglio alla più esperta tra le sue vicine, Barbie Stramba – una Barbie che è stata soprannominata così dalle altre e che è stata isolata dopo stata vittima di una bambina che ci ha giocato “in modo violento” (e già qui ci sarebbe da discutere a oltranza del genio della regista Greta Gerwig) – che le suggerisce di andare nel mondo reale per sistemare le cose. Ad accompagnarla, nella speranza di attirare la sua attenzione e di ricevere così un po’ di considerazione, ci sarà il più biondo dei Ken (Ryan Gosling)… ma le cose andranno molto diversamente da quello che ci si potrebbe aspettare.

Uguaglianza e violenza oltre gli stereotipi di genere

Barbie – The Movie”, infatti, tra una risata e l’altra riesce non solo a mostrare allo spettatore tutta la violenza della nostra società, ma soprattutto quella insita in noi stessi e nel nostro modo di pensare. Nessuna assoluzione: siamo tutti colpevoli. 

Nonostante tutto sia coloratissimo e abbia toni apparentemente scanzonati, man mano che la narrazione procede aumenta sempre di più il disagio provato dallo spettatore.

Attenzione! Spoiler [se non vuoi averne, vai al paragrafo successivo]

Il mondo reale è crudele con Barbie – che, sotto il loro sguardo lascivo e bombardata dalle parole sguaiate dei passanti, perde la fiducia in se stessa e inizia ad avere paura “senza nemmeno sapere il perché” – e, al contrario, rispettoso nei confronti di Ken. Attraverso lo sguardo del bambolotto, abituato a essere trattato come un accessorio e ad avere rilevanza solo se considerato da una delle Barbie, diventa lampante come il mondo in cui viviamo sia progettato per gli uomini da uomini: esattamente il contrario di ciò che accade nel regno di Barbie.

L’escamotage è tanto semplice quanto efficace: grazie a questo capovolgimento di ruoli, il sessismo insito nella nostra società diventa lampante a tutti, anche e soprattutto agli uomini. Ma il senso del film non è tutto qui.

Barbie – the Movie” non si riduce ad essere un infantile “maschi contro femmine”. Greta Gerwig riesce ad andare oltre non solo agli stereotipi, ma anche ai ruoli di genere: il punto non è stabilire se sia meglio un mondo dominato dalle Barbie, dagli uomini, dai Ken o dalle donne – il punto è smettere di voler ridurre il mondo a opposti, estremismi, categorie in contrasto tra loro. Barbie Stereotipo scopre cosa significa non solo abitare nel mondo reale, ma essere reale; la bambola sceglie di avere corpo, cellulite, lacrime e imperfezioni, di diventare una persona vera e non un oggetto, per sentire il mondo.

Il mondo non è una scatola

E lo spettatore sente risuonare dentro di sé questo desiderio, questa scelta, perché la percepisce come autentica. Oltre la trama della storia, oltre l’ordine degli eventi, il conflitto, la risoluzione e l’arco di trasformazione dell’eroina, in “Barbie – The Movie” c’è il desiderio di un’intera generazione di ricominciare a sentire la vita, e non a subirla come se fosse una gara, una scatola in cui esporre sorrisi di plastica e capelli perfetti.

Barbie, con i suoi piedi piatti, cammina davanti a noi tenendoci per mano e riportandoci dov’eravamo quando eravamo bambini: nel nostro corpo, nel mondo, non per vincere, non per mangiarlo ed essere i migliori, ma solo per vivere la nostra vita. 

Chi è la vera bambola?

Usciti dalla sala, con gli abiti rosa che profumano di popcorn, nel cuore di questi bambini cresciuti rimbalza la consapevolezza che l’autenticità è al di là della perfezione, e che le persone sono altro rispetto ai loro ruoli, che siamo più di un cumulo di aspettative e ideali da raggiungere.

Barbie ci ricorda com’era quando non ci eravamo ridotti a oggetti, a bambole e manichini, a merce da vendere al miglior offerente in cambio di considerazione e forse di uno sguardo; com’era quando, da piccoli, prima che gli altri ci appiccicassero addosso etichette e desideri che non erano e non sono nemmeno nostri, non dovevamo essere straordinari e nemmeno perfetti – eravamo, soltanto, autenticamente noi stessi.

Questo film, dietro un’ingannevole patina rosa, ci sussurra che oltre la plastica in cui ci siamo incartati, in cui ci hanno inscatolati, in cui siamo rimasti, siamo ancora noi, e che non è mai, mai troppo tardi per scegliere di essere autenticamente imperfetti e veri. 

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