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Costume e Società

Beauty sickness: NON esisti per essere guardata

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Beauty sickness (letteralmente, la malattia della bellezza) è un’espressione che si riferisce al culto tossico del conformarsi agli standard estetici della società. La prima a definire il fenomeno in questo modo è stata Renee Engeln, dottoranda di ricerca in psicologia, nel suo libro Beauty Sick: How the Cultural Obsession With Appearance Hurts Girls and Women – in Italia con il titolo Beauty mania: Quando la bellezza diventa ossessione.

Come fossi una bambola

“Quando vediamo le donne ritratte come oggetti nelle immagini dei media, è un promemoria di quanto spesso le donne siano apprezzate solo per il loro corpo. Il messaggio di queste immagini è chiaro: esisti per essere guardata

In questo passaggio del libro, la dottoressa Engeln spiega le caratteristiche dell’oggettivazione sessuale. Il confronto con immagini di artefatta perfezione è ormai all’ordine del giorno, e il danno che apportano è soprattutto psicologico. Saranno le persone più insicure a cadere nella trappola dei media, per restare bloccate in un circolo vizioso di tentativi di raggiungimento dello standard proposto.

“Non possiamo fingere che ciò che vediamo nei media non modelli i nostri pensieri e comportamenti. Potrebbe essere allettante pensare che la tua mente sia bloccata dietro un muro protettivo, al sicuro dall’influenza dell’assalto dei media, ma non è così che funziona il cervello. Siamo tutti colpiti da queste immagini. La loro influenza è insidiosa e non esiste un campo di forza magico che la tenga fuori”

Beauty sickness

Il dubbio è subdolo, camaleontico, inconsapevole: non lo riconosciamo. Crediamo siano i nostri difetti a renderci inferiori, a non farci sentire mai abbastanza. Ma il problema nasce a monte: chi stabilisce cosa sia un pregio, e cos’altro no? Siamo lo specchio di ciò che assimiliamo a contatto con l’ambiente in cui interagiamo, e per il momento è questo: una società che va avanti lucrando sulle insicurezze delle donne.

Sì, un vero e proprio lucro, sul tempo e denaro che sacrifichiamo inseguendo il modello da raggiungere. Interventi estetici, trattamenti miracolosi, pillole dimagranti e ogni sorta di strumento improbabile di “miglioramento personale”, che hanno una cosa in comune tra loro: servono a renderci diverse.

Non importa quale sia la tua forma fisica, i lineamenti del tuo viso o il colore del tuo incarnato. Andrai bene solo quando sarai diversa, perché una donna che si piace “così com’è”, è presuntuosa. Ha l’ardire di andare controcorrente, di imporre la propria presenza come essere pensante dotato di un proprio intelletto, capace di formare opinioni e gusti personali, prima ancora di essere donna, e poi un corpo.

Qual è la verità?

Una sola. La tua. Guarire dalla beauty sickness si può, anche se con una difficoltà di certo non indifferente. Quando si cresce in una società di stampo patriarcale, si impara fin da piccole a seguire un percorso già formato, che ci vede modellate secondo un certo ideale, che forse è più un’aspettativa.

Così come gli standard di bellezza, anche quest’ultima è irrealistica, e oltretutto completamente inutile alla propria crescita personale. Per andare avanti, basta ascoltare una sola campana. Che no, non è lo specchio, ma è la nostra anima. Abbracciamo le nostre sensazioni, prospettive, qualità intellettuali, relazioni sociali, passioni, e qualsiasi attività ci renda felici di poter vivere la nostra vita.

Come appariamo mentre esistiamo, non è più un nostro problema.

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