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L’ONU contro l’Italia: morti sul lavoro e impatto ambientale inaccettabili

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articolo di Saveria Russo

Il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani ha effettuato la sua prima visita ufficiale in Italia dal 27 settembre al 6 ottobre per valutare gli sforzi fatti per individuare, prevenire e porre rimedio all’impatto negativo che le imprese possono causare su diritti umani e ambiente: i risultati sono stati deludenti.

“L’italia è una Repubblica democratica, fondata SUL lavoro”

così recita l’articolo che apre la Costituzione Italiana. Secondo il primo articolo della Costituzione, infatti, il lavoro viene riconosciuto come uno dei principi fondamentali su cui si fonda la vita politica, economica e sociale del nostro Paese. Il lavoro, non viene riconoscosciuto solo come un diritto del cittadino ma anche, e soprattutto, come un suo dovere.

Il lavoro rappresenta una delle fondamentali attività dell’uomo e, certamente, uno degli ambienti in cui meglio si realizza la sua essenza intellettiva ed umana.

Cosa significa il lavoro in Italia

Quella di lavoro è una nozione molto complessa, soprattutto nella nostra lingua e nel nostro paese: è la fonte di ogni ricchezza e di ogni progresso, è il carburante che tiene in vita il motore economico e finanziario di una nazione; ma è anche un importante momento di vita sociale poiché mette in relazioni i membri della società, persone di diverso sesso o nazionalità a cui da la possibilità collaborare e di arricchirsi (non solo economicamente, ma soprattutto umanamente). Essere quindi disoccupato, non riuscire a trovare un lavoro crea una forte situazione di disagio dato che il lavoro stesso rappresenta uno degli obiettivi fondamentali a cui punta la vita di ognuno di noi.

Nella nostra Costituzione sono diversi gli articoli che regolano e parlano del lavoro: oltre al primo articolo (che sancisce uno dei principi fondamentali su cui si basa la nostra Repubblica, cioè il lavoro), abbiamo anche altri articoli che ne parlano, basti pensare all’articolo 4, comma 1 che ci parla di “diritto” al lavoro (“la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto“); ancora l’articolo 35 che parla di tutela del lavoro o l’articolo 37 che afferma la parità di diritti e compenso tra uomini e donne e tutela il lavoro dei minori.

La situazione italiana

Tutte queste garanzie, rinvenibili nella Carta Costituzionale, a favore del lavoro, potrebbero far pensare che l’intero popolo italiano lavori e non dovrebbe essere altrimenti visto che essere disoccupati andrebbe a negare l’essenza stessa del nostro essere e riconoscerci cittadini italiani.

Ma non è assolutamente così. Basta dare un’occhiata su internet e cercare gli ultimi dati ISTAT che attestano che la disoccupazione in Italia, soprattutto giovanile e aggiungendo i disastri della pandemia dovuta al Covid-19, è in continua aumento. E tra gli occupati, troviamo una buona fetta che svolge un lavoro precario o, addirittura, chi lavora in nero (quindi sfruttanto, senza alcuna regolarizzazione o assicurazione infortunistica).

Il resoconto del Gruppo di Lavoro dell’ONU su Imprese e Diritti Umani in Italia

Il Presidente del Gruppo di lavoro, il signor Surya Deva, a conclusione della visita in Italia, nella conferenza stampa del 6 ottobre, ha esternato il suo sconcerto riguardo a quanto riscontrato un paese del G7, quale è l’Italia. Non immaginava di ritrovarsi, nel 2021 e in un paese sviluppato come l’Italia, a dover registrare situazioni scioccanti.

Infatti, quello che emerge è un quadro che descritto da esperti indipendenti suscita solo vergogna. Una vergogna nascosta, un mondo di persone calpestate nei loro diritti elementari.

Questo accade nel silenzio di tutti: la politica è distratta, si accapiglia su cose marginali ed insignificanti, mentre quanto raccontato in questa conferenza stampa dovrebbe indignare e stimolare alla riflessione e alla lotta per ridare dignità ad esseri umani.

La delegazione del Gruppo di lavoro dell’ONU su Imprese e Diritti Umani è stata in visita in Italia dal 27 settembre al 6 ottobre.

Incontri in sette regioni con sindacati, lavoratori, comitati di cittadini, avvocati, politici e vari rappresentanti istituzionali. L’obiettivo era un’analisi sul territorio su come e quanto le imprese rispettano i diritti umani e l’ambiente. Tra le tappe: Milano, Roma, Foggia, Taranto e Avellino e le problematiche evidenziate sono state essenzialmente tre: il diritto alla dignità del lavoro, la discriminazione di genere e l’inquinamento ambientale.

La sicurezza sul lavoro

Per quanto riguardo la sicurezza sul lavoro, questa in Italia è motivo di grande preoccupazione per il Gruppo di lavoro ONU. I troppi morti sul lavoro e i numerosissimi infortuni sono inaccettabili, come è intollerabile lo sfruttamento degli immigrati.

Lo sfruttamento riguarda tutto il mondo del lavoro italiani compresi, ma è più significativo per gli immigrati, impegnati prevalentemente in agricoltura ma anche in altri settori. Molti extracomunitari sono senza documenti e richiedenti asilo e perciò maggiormente sfruttati. Non lavorano 8 ore al giorno per 5 giorni a settimana, ma più di 12 ore per 7 giorni alla settimana. Questa condizione non riguarda pochi lavoratori ma migliaia e migliaia in più settori. Inoltre hanno contratti di 4-5 ore ma ne lavorano 12 venendo pagati per pochissimo.

L’inquinamento ambientale

Parlando, invece, di inquinamento, il Gruppo di lavoro ha messo a confronto tre realtà: Avellino, Val D’Agri e Taranto (per Avellino viene menzionato il disastro dell’Isochimica, per la Val D’Agri l’inquinamento provocato dalle perforazioni petrolifere e per Taranto l’inquinamento provocato dall’ILVA).

Vengono descritte situazioni diverse di inquinamento per i tre siti, ma c’è un condizione comune e cioè che gli imprenditori e il governo non ascoltano le comunità sul territorio. I cittadini in tutti e tre i luoghi sono sfiduciati perché nessuno li ascolta. Ad Avellino, per esempio, la bonifica dell’Isochimica è stata chiesta per anni ed anni, è iniziata ma non ancora completata. Ci sono problemi che si trascinano da tanti anni ma restano insoluti. Con la popolazione invece ci vuole un dialogo fecondo.

Le discriminazioni di genere

L’ultimo punto, non meno importante, è quello sulle discriminazioni di genere: negli ultimi anni la legislazione ha prodotto un miglioramento, tuttavia sono ancora poche le donne nelle posizioni apicali, ci sono molestie sessuali molto diffuse; durante la pandemia sono state le donne a pagare il prezzo più alto perché sono state quelle che per prime sono state licenziate e, inoltre, sono aumentati i casi di abusi in ambito domestico.

Le conclusioni: ecco cosa deve fare l’Italia

In conclusione, il nostro Governo sta facendo passi avanti, ma deve impegnarsi di più per tutelare i diritti umani.

Bisogna creare un’istituzione nazionale dei diritti umani che abbia il potere di operare su imprese, ambiente e lavoro: ciò è vitale. Come altri Paesi, ad esempio Francia, Germania, Belgio, Norvegia, l’Italia dovrebbe emanare una legge di “dovuta diligenza”, cioè una valutazione preliminare che deve puntare in ogni fase a non calpestare mai i diritti umani, anzi ad implementare questo concetto.

Gli esperti del Gruppo di lavoro, presenteranno le loro conclusioni e raccomandazioni al governo italiano in un dettagliato rapporto che sarà presentato al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra in giugno 2022.

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