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Odore di “Polexit” nell’aria: la Polonia non riconoscerà più il primato del diritto UE.

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articolo di Saveria Russo

La Polonia ha deciso che non riconoscerà più il primato del diritto UE, alcuni Trattati sarebbero “incompatibili” con la Carta nazionale polacca: questa sentenza scuote l’intera Europa e scatena l’ira della Francia.

La Polonia, negli ultimi mesi, si è ritrovata spesso protagonista di episodi che hano toccato non solo temi politici e di giustizia, ma anche sul tema dei diritti LGBTQ+ e in tema d’aborto.

Giovedì, 7 ottobre, la Corte Costituzionale Polacca ha stabilito che ogni sentenza o qualsiasi atto normativo dell’Unione Europea debba essere conforme alla legge polacca per poter avere la possibilità di essere applicato in Polonia.

In seguito ad un quesito posto dal primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, è arrivata in risposta questa sentenza che ha smosso l’Europa intera: questa sentenza, in poche parole, dice che la Polonia non riconoscerà più la supremazia delle leggi europee su quelle polacche. Sono diversi i principi su cui si fonda l’Unione Europea e, tra questi pilastri, c’è appunto il principio della supremazia della legge europea su quella nazionale.

Siamo dinanzi ad un “game changer”, una vera e propria rivoluzione: non si era mai vista una cosa del genere dalla fondazione dell’Unione Europea, un cambiamento le cui conseguenze diventano ancora più evidenti leggendo il passaggio della sentenza in cui si mette proprio nero su bianco che, in caso di “conflitto insanabile” tra la Costituzione polacca e il diritto dell’Unione Europea, “sono possibili le seguenti conseguenze: modifica della Costituzione, modifica della legge europea o uscita dall’Unione Europea.”

Il Tribunale Costituzionale polacco invoca la Polexit

Il Tribunale Costituzionale polacco, ha evocato apertamente la “Polexit” osservando che “il tentativo di interferire nell’ordinamento giudiziario polacco da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea” che “viola i principi dello Stato di diritto, il principio di supremazia della Costituzione e il principio di conservazione della sovranità nel processo di integrazione europea”.

E’ una chiara affermazione di sovranità da parte della Corte suprema polacca o, forse, un perfetto esempio di sovranismo applicato alla legge. Nella sentenza, infatti, viene anche spiegato che “l’Unione Europea non ha competenze per valutare la giustizia polacca e il suo funzionamento“.

E’ una svolta senza precedenti, figlia dell’affermazione, in seguito alle elezioni del 2017, di un nuovo modello di governo polacco semi-autoritario da parte del partito Diritto e Giustizia, di estrema destra. Non possiamo fare a meno di notare che il pronunciamento della Corte, arrivato, come detto in precedenza, in seguito ad un quesito presentato dal premier polacco Morawiecki (il quale aveva espresso “ampi e ragionevoli dubbi” sulla prevalenza del diritto comunitario su quello polacco) sia contaminato dalla consapevolezza che 10 dei 14 giudici costituzionali polacchi sono stati nonimati negli ultimi anni proprio da Diritto e Giustizia, il partito al governo da lui guidato. Tra questi c’è anche la giudice Krystyna Pawłowicz, che nel corso dell’udienza si è riferita al diritto dell’Unione Europea definendolo come “regolamenti stranieri”.

La Polonia ha voluto alzare il tono dello scontro?

Nonostante non si possa escludere che in futuro altri Tribunali di altri Paesi possano, prendedo come esempio la Polonia, comportarsi allo stesso modo facendo una “uscita giudiziaria” dall’Unione Europea, Morawiecki ha tentato di sminuire la portata della sentenza, ha infatti detto: “L’Unione europea anche la nostra comunità, la nostra Unione. Vogliamo questa Unione e continueremo a tentare di crearla”.

La sentenza arriva come conclusione di uno scontro che ha portato la Commissione Europea a bloccare i fondi del Recovery Fund destinati alla Polonia fino a quando non accoglierà le indicazioni dell’Unione Europea sull’indipendenza della magistratura e dei tribunali polacchi: la risposta della Corte Costituzionale polacca è un vero e proprio schiaffo a questa strategia.

Secondo molti esperti la Polonia con questo pronunciamento ha voluto di fatto alzare il tono dello scontro, dimostrando di essere disposta a gesti senza precedenti, come non rispettare più le leggi e le sentenze europee. La sentenza sarà effettiva solo una volta pubblicata in Gazzetta ufficiale e l’obiettivo, nel frattempo, sembrerebbe costringere l’UE a trovare un compromesso per sbloccare l’erogazione dei fondi europei da cui dipende l’ economia polacca.

Nonostante tutto, sembra opinione diffusa che non sia nei piani del governo o dell’elettorato polacco compiere la Polexit, qualcosa di molto vicino ad un suicidio politico.

Ma quindi, perché l’Unione Europea non espelle la Polonia (e anche l’Ungheria?)

Per dirla in breve: perché l’Unione Europea non ha gli strumenti giuridici per farlo e perché deriverebbero moltissime controindicazioni.

Da tempo entrambi sono guidati da governi semiautoritari che violano sistematicamente i valori contenuti nei trattati europei: non rispettano i diritti delle minoranze etniche e degli oppositori politici, riempiono i tribunali di giudici fedeli più che competenti, restringono la possibilità di ricorrere all’interruzione di gravidanza, esercitano un controllo oppressivo sui media e indirizzano fondi pubblici, anche quelli europei, verso un ristretto circolo di sostenitori.

I motivi per cui l’Unione Europea non ha mai minacciato né tantomeno preso misure del genere sono due: il primo è che espellere un paese dall’Unione non è affatto semplice, anzi; Il secondo è che una o più espulsioni avrebbero delle controindicazioni molto evidenti e potenzialmente molto problematiche per gli altri paesi.

Diritti delle donne, aborto e discriminazione nei confronti della comunità LGBTQ+

Budapest e Varsavia, sono da tempo nel mirino di Bruxelles per iniziative considerate discriminatorie nei confronti della comunita’ Lgbtq+.

La lotta alla violenza sui minori”, prosegue Varga in un post su Facebook nel quale spiega le ragioni del veto,o alla prostituzione minorile, o anche la garanzia dei diritti dei bambini con bisogni educativi speciali o disabilità o ancora, il rifiuto di qualsiasi forma di discriminazione, sono per loro meno importanti che garantire diritti extra alla lobby Lgbtq+”. Infine, conclude:Il governo ungherese resta impegnato a garantire un elevato livello di protezione dei diritti dei bambini. Non lasceremo mai che attivisti Lgbt entrino nelle nostre scuole”.

Inoltre, in Polonia da quest’anno l’aborto non è più consentito, se non nei casi estremi di pericolo di vita per la madre o in seguito a stupro o incesto. La norma è stata fortemente contestata dalle donne del Paese a cui ora il Belgio offre un aiuto concreto: darà loro la possibilità di effettuare gratuitamente nel Paese l’interruzione di gravidanza o si farà carico delle spese se vorranno effettuarla a pagamento in un’altra nazione.

 

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