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7 mesi agoon
Ricorda: tu sei una.
Quante volte ti è capitato di non riconoscerti allo specchio? Di vedere un altro o un’altra, nel tuo riflesso? Quante volte ti sei ritrovato a odiare l’immagine che ti ritrovavi davanti – e quante volte sei arrivato a detestare una foto in cui era immortalata una versione di te più giovane o più bella?
È di questo che parla The Substance, body horror di squisita fattura che potrebbe nauseare più di uno spettatore: del rapporto terribile che, in quest’epoca di plastica che si è consacrata all’inutile rincorsa dell’eterna giovinezza, le persone hanno col proprio corpo.
Cosa c’è di più orribile e spaventoso della bellezza? Cosa c’è di più mostruoso di ciò che siamo disposti a fare per mantenerla? Dopo aver visto The Substance, mi sento di gridarlo ancora più forte: nulla.
Elizabeth Sparkle è una star ormai al tramonto: a cinquant’anni, il network per cui lavora ha deciso di farla fuori dal palinsesto per cercare una ragazza “nuova”. Elizabeth è disperata, più di quanto voglia ammetterlo, e quindi quando riceve una misteriosa pendrive che le promette una “versione più giovane, più bella, più perfetta” di se stessa, a patto di iniettarsi una misteriosa sostanza e di rispettare le regole che le verranno indicate, decide di correre il rischio.
Dalla sua schiena nasce così il suo doppio: Sue. Ma è difficile ricordarsi di essere una sola persona, quando allo specchio non ti riconosci più e soprattutto quando ti accorgi che, nella tua pelle, nessuno ti vede – e così Elizabeth/Sue rischia sempre di più e supera i propri limiti… ma questa non è una scelta libera da conseguenze.
The Substance prende il tema del doppio e ne offre una nuova visione allo spettatore.
Questo mondo, ci sussurra la regista, Coralie Fargeat, questo mondo crudele e superficiale, questo mondo che ci ripete che le belle ragazze devono sempre sorridere e che non accetta che il tempo scorra, questo mondo che usa e calpesta i corpi come se non fossero delle persone, ma solo carne, solo tette e culi, ci ha resi – tutti! – dei mostri.
Noi siamo anche il nostro corpo – non è, come Elizabeth pensa, una cosa diversa, distinta da noi, e nemmeno qualcosa di cui vergognarsi, da nascondere, da umiliare per ridurlo a oggetto sessuale. The Substance ce lo grida in faccia – anzi: ce lo lancia in faccia insieme a un grande abbondare di viscere e sangue: TU SEI UNA.
Non sei un corpo che avvolge una persona.
Non sei una persona chiusa in un corpo.
Tu sei una.
“Vuoi interrompere l’esperienza?” viene chiesto a Elizabeth. “Se lo farai, resterai sola con te stessa.”
Il film, a mio avviso, è anche una lettura in chiave horror del dismorfismo corporeo e dei disturbi alimentari – e, per questo NON NE RACCOMANDO LA VISIONE a chi ne soffre. Molte delle scene, infatti, potrebbero costituire dei trigger abbastanza violenti per chi combatte con questo tipo di problematiche.
Fatta questa premessa, The Substance rende la lotta contro se stessi e il proprio corpo in maniera eccezionale – e non solo nella lotta letterale tra Elizabeth e Sue (che sono la stessa persona ma che si prendono a calci e cercano di ammazzarsi a vicenda per riuscire ad essere – per una sola sera! – la più bella) ma anche nel contrasto tra la vita sfavillante dell’altra – tutta all’esterno, quasi mai a casa – e la patetica desolazione di Elizabeth – che, in casa, si ingozza, che trasforma il cibo in una punizione, che non riesce a uscire dalla sua abitazione perché trova sempre un nuovo difetto allo specchio, che non tollera il suo aspetto e che disdice ogni appuntamento.
The Substance è uno dei migliori horror egli ultimi anni, forse uno dei migliori di sempre – è la prova che questo bistrattato genere, quando vuole, può avere una trama coerente e dei temi intensi senza sacrificare né disgusto né orrore.
Con una serie di inquadrature macro e suoni amplificati, The Substance trasforma il cibo, il sesso e il corpo in qualcosa di mostruoso, deforme e orribile e, tra una citazione cinematografica e l’altra, ci ricorda che si possono scrivere storie belle anche usando interiora e sangue.
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