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Scienza e tecnologia

Morti improvvise nel sonno, le nuove scoperte

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Nuove scoperte in campo medico per quanto riguarda le morti improvvise nel sonno, riconducibili alla cosiddetta sindrome di Brugada, provocata da una falla nel sistema elettrico del cuore. Questo disturbo sembrerebbe comportare un rischio fatale soprattutto per i soggetti a rischio in età adulta, quindi sopra i diciotto anni. Minaccia prevalentemente chi ha avuto un’esperienza pregressa di arresto cardiaco, familiarità per morte improvvisa, la comparsa di episodi sincopali (perdite di conoscenza che portano la persona che ne soffre a cadere, se in piedi, come uno svenimento) e aritmie maligne, anche nei più giovani.

Fino ad oggi, sono veramente rari gli studi scientifici che riguardano l’analisi della malattia nei soggetti pediatrici (tra 0 e 19 anni). I pochi dati a disposizione segnalano una percentuale di morte pari al 4% nei bambini sotto i 12 anni e al 10% per i ragazzi sotto i 19. La ricerca si sta muovendo in direzione di una maggiore disponibilità di dati, grazie all’impegno del gruppo di Fabrizio Drago, responsabile dell’unità di ricerca Cardiopatie del Bambino Gesù. Il primo step è stato fissare una serie di norme da seguire per trattare al meglio la sindrome di Brugada nei minori di 12 anni. In seguito, gli studi si sono incentrati sull’osservazione di 43 campioni selezionati in base allo screening elettrocardiografico o in base all’invio da altri Centri, curata dalla dottoressa Daniela Righi.

I risultati dello studio sulle morti improvvise nel sonno

Il lato positivo è che non sono avvenute morti improvvise nel sonno, in nessuno dei pazienti curati nei 4 anni del periodo di follow-up. Le informazioni raccolte rivelano che le aritmie maligne si riscontrano prevalentemente nei soggetti che già avevano avuto un episodio sincopale, con mutazione del gene SCN5A e nei soggetti più fragili risultati positivi allo studio elettrofisiologico del cuore. Un altro elemento chiave dell’indagine è la scoperta che il pattern ECG Brugada di tipo 1 spontaneo, non dipende da un’incidenza maggiore di aritmie  o episodi di sincope, rispetto a quello indotto da farmaci o febbre. È importante perché smentisce le teorie di alcuni studi precedenti. Inoltre, tra i pazienti pediatrici under 12, le pazienti femmine hanno avuto aritmie maligne più frequenti rispetto ai soggetti maschi, a differenza di quanto accade in età adulta.

Ad oggi, solo 3 dei 43 campioni dell’indagine portano un defibrillatore impiantabile, fondamentale per arrestare l’insorgenza di fibrillazione ventricolare, prevenendo gli arresti cardiaci. 7 pazienti sono invece monitorati in telemedicina con registratori Ecg sottocutanei, in zona toracica sopra al cuore, mentre solo 1 ha avuto bisogno di un impianto pace-maker. I restanti soggetti dello studio non hanno avuto necessità di subire interventi, e continuano il monitoraggio a scadenza trimestrale o semestrale.

“Adesso sappiamo come gestire questa sindrome nei bambini più piccoli” rassicura Fabrizio Drago, è responsabile dei reparti di Cardiologia e Aritmologia a San Paolo, Palidoro e Santa Marinella, oltre a essere coordinatore del Centro di canalopatie cardiache dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. “Il nostro studio rivela che è utilissimo uno screening elettrocardiografico per identificare il più precocemente possibile tale patologia e che i bambini con sindrome di Brugada, facendo attenzione ai fattori di rischio per morte improvvisa individuati per questa età specifica, possono avere un futuro più sicuro rispetto a quello che abbiamo riscontrato finora”.

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