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Cultura

Recensione di Delitti a Fleat House

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“Delitti a Fleat House” è il nuovo romanzo di Lucinda Riley, pubblicato postumo dopo la sua prematura scomparsa nel giugno 2021. L’amatissima scrittrice irlandese, conosciuta soprattutto per la Saga delle Sette Sorelle, è venuta a mancare inaspettatamente dopo una lunga battaglia contro il cancro. Eppure le sue parole continuano a tenerla in vita, insieme all’amore dei suoi familiari e dei suoi fan. Harry Whittaker, suo figlio, ha curato la prefazione del romanzo, spiegando che la prima stesura risale in realtà al 2006. Per sua scelta, ha deciso di preservare quasi integramente il progetto originale, apportando solo poche modifiche in fase di editing. Si sarà rivelata una decisione vincente? Scopriamolo insieme.

La trama di “Delitti a Fleat House”

Questo libro si discosta dal filone romantico solitamente favorito dalla Riley, che invece decise di strutturarlo come un vero e proprio romanzo giallo. La protagonista è Jazz Hunter, un’abile e rinomata investigatrice londinese che ha da poco dato le dimissioni, in seguito a un duro divorzio. Dopo essere sparita dalla circolazione per mesi, fa il suo ritorno in patria trasferendosi in campagna, nel Norfolk, non lontana dal collegio St Stephen’s. È proprio nel dormitorio della scuola, da tutti conosciuto come “Fleat House”, che viene ritrovato il corpo esamine di uno studente facoltoso e arrogante, Charlie Cavendish.

L’ex capo di Jazz fa di tutto per riportarla in servizio e, facendo leva sulla curiosità dell’investigatrice, riesce a convincerla a occuparsi del caso. Così, l’ispettore Hunter si ritrova invischiata in un’indagine criptica, dove nulla è come sembra. La morte del giovane rampollo Cavendish sembra innescare un’altra serie di decessi, apparentemente sconnessi tra loro, ma dietro cui si celano misteri sepolti nel buio da decenni. Tra eredità inaspettate, figli illegittimi e desideri di vendetta, la campagna inglese si rivela ben lontana dall’idea di tranquillità che Jazz si prospettava. Eppure, non potrebbe esserne più attratta.

Niente è dato al caso

Lucida Riley ha sicuramente una penna prolifica, e dal canto mio, credo di aver letto abbastanza della sua produzione per affermare con sicurezza che i dettagli, nei suoi libri, non sono mai casuali. Ciò che colpisce dei suoi intrecci è proprio l’attenzione quasi maniacale a ogni parola, ogni gesto dei personaggi, che conferisce alle sue storie un forte senso di autenticità. “Delitti a Fleat House”, sotto quest’aspetto, non è certo da meno. Ogni persona nominata, ogni oggetto a cui si è fatto riferimento nel corso delle pagine, trova sempre una sua logica verso la fine. Se qualcosa sembra sfuggire alla vostra comprensione, non preoccupatevene: aspettate l’epilogo, e vedrete che il quadro finale prenderà inevitabilmente forma.

Un appunto personale

Sulla scrittura della Riley non ho molto da dire: come in ogni suo romanzo, i capitoli scorrono veloci e senza intoppi verso la fine. È sempre un piacere farsi trasportare dal registro leggero e dalle trame coinvolgenti che propone, facendo volare la pagine per la curiosità. Soprattutto in questo libro, l’effetto della suspense non ha mancato di incuriosire, a maggior ragione perché si tratta di un poliziesco. Nonostante sia rimasta soddisfatta della lettura, ho un piccolo appunto da fare, sulla base di preferenze personali e sul solito approccio che ho riscontrato in tutti gli altri testi dell’autrice.

Mi è mancato molto l’uso dei flashback che, per me (e sicuramente per molti suoi lettori abituali), costituiscono un tratto distintivo di Lucinda Riley. Sono stata colpita fin dal suo primo libro letto dall’accuratezza con cui tratta il tema storico, onnipresente nelle sue opere, e anche in “Delitti a Fleat House”. La differenza è che, invece di proporre veri e propri capitoli dedicati per andare indietro nel tempo, come in quasi tutti gli altri scritti, in questo caso l’autrice si è limitata a nominare i tempi passati senza approfondirli. Penso sia stata una vera e propria occasione persa, visto e considerato che nel giallo non sono mancati gli spunti per portare un punto di vista in flashback. Anzi, l’indagine della detective Hunter ha scavato moltissimo nelle vite dei personaggi, che sarebbe stato interessante sentirsi raccontare in prima persona dai suddetti.

La mia spiegazione a questa “mancanza” è stata che “Delitti a Fleat House” è pur sempre una pubblicazione postuma, la cui prima stesura risale a circa sedici anni fa. Lo stile della Riley è sicuramente cambiato con i suoi romanzi più recenti, e non dimentichiamoci che, purtroppo, non ha potuto essere qui per revisionare il testo prima della pubblicazione. Per questi motivi non mi sento di condannare questa scelta, che è evidentemente solo frutto di uno stile diverso e, forse, della maggiore inesperienza di allora. Ma non posso negare, da lettrice infinitamente curiosa, che avrei amato scoprire le tresche e gli inganni della campagna inglese da un punto di vista originale.

Conclusione

Tutto sommato, “Delitti a Fleat House” non ha deluso le mie aspettative: è stato un’ottima compagnia in questi giorni di maltempo. Lo consiglio a chiunque abbia bisogno di staccare un po’ e godersi del tempo di relax nelle campagne del Norfolk, accompagnati da una giovane detective fin troppo intuitiva. Buona lettura!

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