Si chiamava Brianna Ghey e aveva solo 16 anni: una giovane vita spezzata dall’ennesimo caso di transfobia. Arriva l’11 febbraio la tragica notizia dell’omicidio di Brianna, la giovane ragazza transgender che è stata ritrovata in un parco nel villaggio di Culchet, tra Liverpool e Manchester. Le forze dell’ordine hanno arrestato una ragazza e un ragazzo, entrambi quindicenni, con l’accusa di aver inferto le coltellate fatali alla vittima.
Ad aggravare la tragedia, le dichiarazioni del padre di una compagna di scuola di Brianna, che già tempo prima dell’omicidio, aveva provato a mettere in guardia le autorità competenti sulla situazione della giovane ragazza transgender. “Ho sempre temuto che qualcosa potesse succedere a una ragazza come Brianna” commenta l’uomo dopo aver appreso la notizia dell’omicidio. Dalle precedenti testimonianze, era emerso che Brianna fosse “bullizzata senza sosta”, probabilmente da chi si approfittava del suo carattere schivo e silenzioso, e da chi la giudicava per il suo percorso di transizione di genere, iniziato pochi mesi fa.
Gli inquirenti non hanno confermato che si tratti di un crimine d’odio transfobico, nonostante l’opinione pubblica si sia schierata fin da subito con questa tesi. Sicuramente, ciò che attesta l’omicidio di Brianna Ghey è che le forze dell’ordine e le autorità competenti nelle scuole e nei luoghi di aggregazione giovanile, sono ancora lontane dall’attuare le giuste misure di prevenzione per evitare questi avvenimenti. Brianna è l’ennesima ragazza transgender morta per colpa dell’ignoranza e della cattiveria di chi non accetta di guardare al di là del proprio naso. Ancora, per l’ennesima volta, c’erano tutti i segnali da poter cogliere: bullismo, intimidazioni, discriminazione. E non si è fatto nulla. Quante morti serviranno ancora?
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