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Un mondo fatto di grandi: l’impatto della crisi demografica

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Quanto costa fare un figlio? È la domanda che si pone la maggior parte dei giovani, italiani e non, che si approcciano alla vita dei “grandi”. Quello che negli scorsi decenni era un evento quasi banale e di certo non raro, al giorno d’oggi sembra essere diventato un investimento calcolato al centesimo. Le famiglie allargate di dieci persone sono ormai solo un ricordo impresso in fotografie bianche e nere, e dopo i tre figli la casa diventa un albergo. Ma è solo un’evoluzione culturale, o c’è di più?

Cosa si intende per crisi demografica?

Per definizione, la cosiddetta crisi demografica “Si verifica quando l’ammontare complessivo di una popolazione subisce una brusca e sensibile riduzione, per effetto di uno o più fattori traumatici che incidono sulle sue componenti evolutive (natalità e mortalità)”. In effetti, è il fenomeno di cui si parla come conseguenza diretta della denatalità, che si riferisce alla riduzione delle nascite.

Questa dinamica può verificarsi in seguito a vari tipi di cause, che possono essere economiche, sociali o anche di natura epidemica. Mai come negli ultimi due anni, è stato ben chiaro come una pandemia possa sconvolgere da un momento all’altro la sorte di un paese, anche se sviluppato.

Gli effetti del covid-19 sulla demografia

Agi (Agenzia Giornalistica Italiana), in collaborazione con l’istituto di ricerca socio-economica Censis, ha diretto un’indagine volta ad analizzare i cambiamenti che la pandemia ha sortito nelle famiglie italiane. Il sondaggio è stato diffuso ad aprile di quest’anno, dopo la cosiddetta “terza ondata”, e si è focalizzato sui mutamenti nell’ambito della creazione di nuovi nuclei familiari.

Circa il 33% dei giovani adulti, all’inizio della pandemia, aveva programmato convivenze o matrimoni, e poco meno del 30% stava pianificando una gravidanza. Come si evince dalla tabella sottostante, di questa percentuale, soltanto il 26,5% ha continuato a progettare o ha effettivamente iniziato un matrimonio o una convivenza stabile. Inoltre, hanno annullato l’11,2% e rimandato il 55,3% delle gravidanze in programma.

Le cause della crisi demografica

Nel caso della pandemia dovuta alla diffusione del virus da Sars-Cov2, moltissimi eventuali neo-genitori hanno rimandato la nuova nascita nella speranza di un futuro più sereno. Le norme anti-diffusione del virus hanno inciso sulla tranquillità mentale di tutti, in particolare dei giovani adulti in procinto di costruire la propria famiglia. L’aspetto psicologico è una componente fondamentale da considerare, per comprendere al meglio i motivi scatenanti della crisi demografica dell’ultima generazione.

L’indagine Agi-Censis riporta dati relativi a svariate cause da prendere in analisi, opinioni ricavate da un sondaggio sottoposto a capifamiglia di diverse fasce d’età. Come riportato nell’immagine, il motivo più accreditato sembra essere la difficoltà di trovare un’occupazione stabile per i giovani adulti, che consegue in un’instabilità che non si concilia a ben accogliere il nascituro.

Altre motivazioni della crisi

La crisi demografica è anche un problema di genere. Soprattutto in Italia, la genitorialità è ancora vista come un’occupazione quasi esclusivamente femminile, che penalizza le giovani mamme lavoratrici. Numerosi sono i casi in cui le mamme in carriera subiscono un rallentamento del proprio percorso lavorativo, molto spesso seguito da un definitivo abbandono del proprio posto di lavoro.

In aggiunta, la terza e la quarta motivazione più accreditata sembrano essere legate a un nuovo modello sociale che si sta affermando negli ultimi anni. La mancanza di fiducia nel futuro, la scarsa voglia di rischiare e il rifiuto per le relazioni stabili sembrano essere alcuni dei deterrenti per mettere al mondo un bambino. Nonostante queste ragioni possano sembrare stereotipi, alla base di esse c’è sempre un intricato sistema di motivi sociali e economici da non sottovalutare. Il problema non sono i giovani, ma la nuova società che li accoglie.

La precarietà lavorativa, l’incertezza politico-economica e la mancanza di un tessuto sociale collettivo non permettono ai neogenitori di guardare avanti con speranza e attesa. A queste argomentazioni, se ne aggiunge un’ultima che è sostenuta soprattutto dai più giovani: la difficoltà da parte degli stessi di trovare soluzioni abitative dignitose e a costi contenuti.

Rimediare alla crisi demografica, si può?

La crisi demografica è una dinamica molto complessa, frutto dell’evoluzione sociale ed economica del nostro paese e del resto del mondo. La denatalità è a un punto critico, e la pandemia non ha di certo aiutato, ma la situazione non è ancora irreversibile. Fortunatamente, si è ancora in tempo per attuare una politica di riscatto e cercare di far risalire la percentuale di nascite. Ma come?

Un buon inizio sarebbe riconoscere il sostegno genitoriale come un aiuto di primaria importanza. La prova sono i paesi che stanno aiutando le famiglie con figli, come la Francia, che hanno i tassi di fertilità più alti. Gli interventi temporanei come i bonus servono a poco, l’obiettivo dovrebbe essere accompagnare stabilmente i figli fino a quando non raggiungono l’indipendenza economica. L’azione a favore delle famiglie generative serve a riconoscere e responsabilizzare il potere genitoriale, a cui tutta la società dovrebbe ambire.

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