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4 anni agoon
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Redazione“Noi dalla Russia importiamo 29 mld di mc di gas. Questi vanno sostituiti. Al momento abbiamo realizzato una operazione anticipata e rapida e a primavera inoltrata 15 mld saranno rimpiazzati. Rimane la metà: stiamo lavorando su rinforzo delle infrastrutture, rigassificatori e contratti di lungo termine. Ventiquattro, trenta mesi dovrebbero bastare per renderci indipendenti”.
Lo aveva già anticipato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, intervistato su Rai3. Il premier Draghi lo ha ribadito nel suo discorso a Montecitorio, durante il quale ha annunciato la volontà di puntare su nuovi impianti di rigassificazione.
“Bisogna puntare su un aumento deciso della produzione di energie rinnovabili, come facciamo nell’ambito del programma Next Generation EU, semplificare le procedure per impianti rinnovabili onshore e offshore e investire sullo sviluppo del biometano, valutare la possibilità di un raddoppio della capacità del gasdotto Tap, dobbiamo ragionare su un aumento della nostra capacità di rigassificazione”: ha detto il premier.
Un rigassificatore è un impianto che permette di riportare un fluido che normalmente in natura si presenta sotto forma di gas, dallo stato fisico liquido a quello aeriforme. I più noti impianti di questo tipo sono i rigassificatori GNL, utilizzati nel ciclo di trasporto del gas naturale.
Normalmente la liquefazione di un gas viene condotta per agevolarne il trasporto in serbatoi, riducendone il volume. Tale sistema viene in particolare adottato in occasione del trasporto marittimo di gas industriali come metano, GNL, etilene, GPL, ammoniaca ed altri derivati del petrolio.
La rigassificazione viene realizzata negli impianti di destinazione attraverso l’innalzamento della temperatura e l’espansione del gas in impianti la cui complessità dipende dalle condizioni di temperatura raggiunte per ottenere la fase liquida.
In Italia sono soltanto tre i rigassificatori attivi: Panigaglia, in provincia di La Spezia, che ha una capacità di rigassificazione di circa 3,5 miliardi di metri cubi l’anno; l’Adriatic Lng con una capacità di 8 miliardi di metri cubi l’anno; il terminal galleggiante Fsru Toscana situato al largo delle coste tra Livorno e Pisa con una capacità di rigassificazione autorizzata di circa 3,75 miliardi di metri cubi.
Per questo motivo Draghi ha insistito sulla necessità di potenziare ed incrementare la presenza di tali strutture sul nostro territorio, ch eci permetterebbero di essere meno dipendenti dal gas russo importato.
Il problema sorge quando consideriamo che per costruire un nuovo impianto servono circa 5 anni. Tempi dunque molto lunghi, per cui sarebbe impossibile avere benefici di breve periodo.
Nonostante ciò, Draghi non demorde. Il Premier, venerdì 25 febbraio, ha tenuto una informativa alla Camera dei Deputati, durante la quale ha detto:
“L’Italia è impegnata a spingere l’Unione Europea nella direzione di meccanismi di stoccaggio comune, che aiutino tutti i paesi a fronteggiare momenti di riduzione temporanea delle forniture. Ci auguriamo che questa crisi possa accelerare finalmente una risposta positiva sul tema. Gli stoccaggi italiani beneficiano dell’aver avuto, a inizio inverno, una situazione migliore rispetto a quello di altri paesi europei, anche grazie alla qualità delle nostre infrastrutture. Il livello di riempimento aveva raggiunto il 90% alla fine del mese di ottobre, mentre gli altri paesi europei erano intorno al 75%. Gli stoccaggi sono stati poi utilizzati a pieno ritmo e nel mese di febbraio hanno già raggiunto il livello che hanno generalmente a fine marzo. Questa situazione, che sarebbe stata più grave in assenza di infrastrutture e politiche adeguate, è simile a quella che vivono altri paesi europei tra cui la Germania. La fine dell’inverno e l’arrivo delle temperature più miti ci permettono di guardare con maggiore fiducia ai prossimi mesi, ma dobbiamo intervenire per migliorare ulteriormente la nostra capacità di stoccaggio per i prossimi anni”.
Costruire nuove infrastrutture che incentivino l’utilizzo di energia rinnovabile va dunque nella direzione opposta rispetto non solo all’indipendenza energetica, ma anche alla tutela del pianeta.
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