Patrick George Zaki, attivista e ricercatore egiziano e studente dall’Università di Bologna, resterà ancora in carcere per altri quarantacinque giorni: la conferma arriva dall’avvocato del giovane, Hoda Nasrallah.
Perché Zaki è in carcere?
Il ricercatore trentenne venne arrestato il 7 Febbraio 2020 e ha trascorso già un anno e mezzo in detenzione preventiva.
Le accuse nei suoi confronti si basano su alcuni post pubblicati da un account Facebook che i suoi legali considerano falso. Zaki è accusato di propaganda sovversiva, di “istigazione alla violenza e ai crimini terroristici”, “diffusione di notizie false” e di “incitamento alla violenza”.
Amnesty International ritiene invece che il ricercatore sia detenuto per via del suo impegno a favore dei diritti umani e della comunità LGBT egiziana.
Custodia cautelare e processo
A Luglio, dopo innumerevoli rinvii, si sono tenute le prime due udienze del processo.
La misura della custodia cautelare può durare in Egitto fino a due anni e subire ulteriori prolungamenti. Qualora si andasse a processo, secondo Amnesty International, Zaki rischierebbe fino a 25 anni di carcere.
Sono mesi, oramai, che l’accesso al tribunale è interdetto agli esterni – anche, quindi, ai diplomatici. Su richiesta dell’Italia, i diplomatici dell’ambasciata italiana, dell’ambasciata del Regno Unito e degli Stati Uniti hanno depositato una comunicazione scritta per comunicare al giudice la volontà di riprendere ad assistere alle udienze.
Amnesty International: “Quanto fatto finora non serve a niente”
Non tutti sono soddisfatti di questa strategia; Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, avrebbe dichiarato: “Quanto fatto finora, mandare osservatori alle udienze (che peraltro neanche vengono fatti entrare) non serve a niente.”
La giusta strategia, secondo Noury, sarebbe ben diversa: “Chiedo al governo italiano di protestare formalmente con l’Egitto e chiedo ai parlamentari che hanno votato, alla camera e al senato, per la cittadinanza italiana a Zaki di farsi sentire e di chiedere al governo che appoggiano di cambiare la fallimentare strategia sin qui portata avanti nei confronti dell’Egitto.”