I cartelloni pubblicitari della nuova serie Netflix “Sex Education” sembrerebbero scandalizzare l’Italia. Nelle metro di Milano sono ben visibili i poster che giocano sui doppi sensi con ostriche, banane e cactus per promuovere l’uscita della terza stagione, accompagnati dallo slogan «se la vediamo in forme diverse è perché non ce n’è una sola. Ognuna è perfetta, anche la tua», un messaggio ispirato alla body positivity, tema centrale della serie che vede protagonista uno studente insicuro, Otis, che si improvvisa sessuologo per i compagni e per tutta la scuola.
Eppure, c’è chi si è indignato per i cartelloni giganti come Fratelli d’Italia. Barbara Mazzali, consigliere regionale e candidata alle elezioni comunali di Milano ha espresso tutto il suo disappunto: “Le immagini giocano su un’ambiguità con vari frutti che alludono alle forme delle parti intime maschili e femminili. Per l’amministrazione Sala è normale tutto questo? È accettabile che simili poster siano sotto gli occhi di tutti, bambini e ragazzini compresi? L’educazione sessuale deve essere in capo alla famiglia”.
Anche l’Associazione Pro Vita e Famiglia sul proprio sito internet ha scritto: “Al di là di ciò che è conveniente dire o meno, è indubbio come una ipersessualizzazione delle pubblicità e dei manifesti un problema lo pone; e non solo in termini di cattivo gusto, bensì proprio concettuali: è forse una ‘educazione sessuale’, questa? Ha senso chiederselo, dato che la serie che questi manifesti promuovono si chiama appunto Sex Education. Ebbene, la risposta pare possa essere solo una, e cioè quella negativa. La già citata ipersessualizzazione – in questo caso veicolata con una genitalizzazione delle immagini – di educativo pare avere ben poco. A meno che, ovvio, non si consideri educativo l’abbattimento di ogni freno e di ogni criterio di decenza, ma in quel caso sarebbe bene intendersi, allora, su quale sia il senso della parola educazione”.