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Cronaca

Suicidio assistito primo via libera ad un malato italiano. Mario (tetraplegico da 10 anni) “Ora mi sento libero”

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Il 43enne tetraplegico marchigiano, seguito dall’Associazione Luca Coscioni, è il primo paziente a ottenere l’okay dalle autorità sanitarie in base alla sentenza della Corte costituzionale sul caso Dj Fabo. Dopo un travagliato percorso giudiziario, con due ricorsi al Tribunale e una lettera di messa in mora ai ministri Cartabia e Speranza, l’Azienda sanitaria delle Marche e il Comitato etico hanno riconosciuto la sussistenza dei presupposti. Cappato: “Per avere regole chiare servirà l’intervento del popolo italiano”

Dieci anni fa ebbe un’incidente d’auto. E da allora Mario (il nome è di fantasia, utilizzato per preservare la sua privacy) non è mai più riuscito ad alzarsi dal letto: paralizzato dalle spalle ai piedi.

Ci sono voluti 14 mesi, due ricorsi giudiziari e una diffida a due ministri della Repubblica. Ma una prima, decisiva vittoria adesso è arrivata: Mario, 43enne residente in un piccolo paese marchigiano, è il primo paziente in Italia a ottenere il via libera ad accedere al suicidio assistito, come disciplinato dalla Corte costituzionale nella sentenza Cappato/Dj Fabo del 2019.

E’ lui il primo malato in Italia ad aver ottenuto il via libera al suicidio medicalmente assistito. Il comitato etico dell’Asl delle Marche (Asur) ha attestato infatti che Mario possiede i requisiti per l’accesso legale al suicidio assistito. Lo riporta la Stampa. Il via libera è arrivato dopo due diffide legali all’Asur e l’aiuto offerto dall’ associazione Luca Coscioni. Mario è il primo malato in Italia a ottenere il via libera al suicidio medicalmente assistito, dopo la sentenza ‘Cappato-Dj Fabo emessa dalla Corte Costituzionale.

I quattro parametri dettati dalla Consulta.

Il Comitato etico della Regione Marche ha accertato la sussistenza dei quattro parametri dettati dalla Consulta: ovvero – riassume Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni e membro del team di sei legali che ha seguito il caso – «è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale; è affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili; è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; e non è sua intenzione avvalersi di altri trattamenti sanitari per il dolore e la sedazione profonda».

La storia di Mario.

Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni. Sono stanco e voglio essere libero di scegliere il mio fine di vita. Nessuno può dirmi che non sto troppo male per continuare a vivere in queste condizioni”, e “condannarmi a una vita di torture. Si mettano da parte ideologie, ipocrisia, indifferenza, ognuno si prenda le proprie responsabilità perché si sta giocando sul dolore dei malati”. 

Mario, 43 anni, è paralizzato dalle spalle ai piedi da 11 anni a causa di un incidente stradale in auto. Ha chiesto da oltre un anno all’azienda ospedaliera locale che fossero verificate le sue condizioni di salute. Così da per poter accedere, legalmente in Italia, ad un farmaco letale per porre fine alle sue sofferenze. Questo l’inizio dell’iter previsto in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019 che indica le condizioni di non punibilità dell’aiuto al suicidio assistito. Dopo il diniego dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale Marche (ASUR), una prima e una seconda decisione definitiva del Tribunale di Ancona, due diffide legali all’ASUR Marche, Mario ha finalmente ottenuto il parere del Comitato etico, che a seguito di verifica delle sue condizioni tramite un gruppo di medici specialisti nominati dall’ASUR Marche, ha confermato che Mario possiede i requisiti per l’accesso legale al suicidio assistito.

Quello di Mario, primo malato ad aver ottenuto il via libera al suicidio medicalmente assistito in Italia, è un calvario dovuto allo scaricabarile istituzionale.

Questo il commento di Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni. “Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha a tutti gli effetti legalizzato il suicidio assistito, nessun malato ha finora potuto beneficiarne, in quanto il Servizio Sanitario Nazionale si nasconde dietro l’assenza di una legge che definisca le procedure – afferma Cappato -. Mario sta comunque andando avanti grazie ai tribunali, rendendo così evidente lo scaricabarile in atto. Dopo aver smosso l’Azienda Sanitaria locale che si rifiutava di avviare l’iter, ora è stata la volta del Comitato Etico. Manca ora la definizione del processo di somministrazione del farmaco eutanasico”.

Tale “tortuoso percorso è anche dovuto alla paralisi del Parlamento, che ancora dopo tre anni dalla richiesta della Corte costituzionale non riesce a votare nemmeno una legge che definisca le procedure di applicazione della sentenza della Corte stessa. Il risultato di questo scaricabarile istituzionale -rileva – è che persone come Mario sono costrette a sostenere persino un calvario giudiziario, in aggiunta a quello fisico e psicologico dovuto dalla propria condizione”.

Il farmaco.

È “molto grave la lunga attesa che Mario, primo malato ad aver ottenuto il via libera al suicidio medicalmente assistito in Italia, ha dovuto subire. Ora procediamo con indicazioni sull’auto somministrazione del farmaco” per il suicidio assistito. Lo sottolinea Filomena Gallo, co-difensore di Mario e segretario dell’Associazione Luca Coscioni. Su indicazione di Mario, continua Gallo, “procederemo ora alla risposta all’Asur Marche e al comitato etico, per la parte che riguarda le modalità di attuazione della scelta di Mario, affinché la sentenza Costituzionale e la decisione del Tribunale di Ancona siano rispettate. Forniremo, in collaborazione con un esperto, il dettaglio delle modalità di auto somministrazione del farmaco idoneo per Mario, in base alle sue condizioni. La sentenza della Corte costituzionale pone in capo alla struttura pubblica del servizio sanitario nazionale il solo compito di verifica – conclude – di tali modalità previo parere del comitato etico territorialmente competente“.

Il comitato etico – spiega ancora Gallo – ha esaminato la relazione dei medici che nelle scorse settimane hanno attestato la presenza delle 4 condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale nella sentenza Capato-Dj Fabo, ovvero Mario è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale; è affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili; è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; e che non è sua intenzione avvalersi di altri trattamenti sanitari per il dolore e la sedazione profonda». È «molto grave che ci sia voluto tanto tempo, ma finalmente per la prima volta in Italia un Comitato etico ha confermato per una persona malata, l’esistenza delle condizioni per il suicidio assistito”.

Eutanasia o suicidio assistito?

Con eutanasia si indica indica l’atto di procurare intenzionalmente e nel suo interesse la morte di una persona che ne faccia esplicita richiesta.

Con suicidio assistito invece la morte avviene attraverso l’assunzione “autonoma” da parte del paziente terminale del farmaco letale. Si dice assistito perché una équipe medica prepara il farmaco o la struttura meccanica che aiuterà il paziente ad assumere il medicinale. In particolare in pazienti immobilizzati. Ma l’ultimo gesto, anche soltanto spingere un tasto, deve essere autonomo. In pratica il suicidio assistito prevede l’aiuto medico e amministrativo, ma senza intervenire nella somministrazione delle sostanze.

La situazione in Italia.

Il referendum sull’eutanasia, promosso dai Radicali, mira ad abrogare l’articolo del codice penale che punisce l’omicidio del consenziente. Quella che invece sta tentando di scrivere il Parlamento è una legge sul suicidio assistito secondo le indicazioni della Consulta, dopo la sentenza scaturita dal caso di Dj Fabo.

E in Europa?

In Europa l’eutanasia e il suicidio assistito sono legali in Olanda, Belgio, Lussemburgo. Nel mondo è autorizzata in Colombia, Canada, Uruguay e in cinque Stati Usa. L’eutanasia passiva, cioè l’interruzione di intervento medico, è riconosciuta in Francia, Svizzera, Norvegia, Danimarca, Svezia, Ungheria, Germania, Austria e Spagna. In Polonia è vietata l’eutanasia in tutte le sue forme, ma ‘in casi eccezionali’, il giudice può decidere di mitigare la pena o addirittura rinunciare a infliggerla. Paesi come la Grecia (dove pesa l’influenza della Chiesa greco ortodossa), la Bosnia, la Croazia, la Serbia o la Repubblica Ceca considerano l’eutanasia un omicidio e la puniscono come tale.

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