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Cinema

The bear 2 – la recensione

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Ci siamo chef? Ebbene eccoci qui a parlare della seconda serie di The bear. Abbiamo già sottolineato e visto nella prima stagione, che questa serie è un po’ insolita rispetto alle altre. Si svolge in una tavola calda di Chicago, dove i protagonisti sono pieni di problemi (mentali e a volte anche fisici). Nonostante tutto, la serie è stata particolarmente amata e apprezzata per il suo realismo crudo e nudo. – Certo, tranne per l’ultima parte, perché chi ha il culo di trovare così tanti soldi, no? – ma andiamo avanti.

The bear 2 – la recensione

La serie inizia con i nostri protagonisti sul punto di aprire la nuova tavola calda, con i soldi lasciati dal defunto Mikey. Tuttavia i soldi non bastano ( e quando mai bastano? ) e prima dell’apertura ci sono spese da fare, ristrutturazioni, controlli, pulizie a fondo (molto a fondo, hanno trovato dei topi morti! Bleah) e nuove idee. Il personaggio di Sid non l’ho amato totalmente nella prima serie e qui anche un po’ meno. Le sue preoccupazioni sono lecite, ma andiamo, prendersela con Carmy perché ha buttato già una parete piena di muffa senza dirtelo? Un po’ too much.

Allo stesso tempo, Carmy si trova ancora ad affrontare il lutto per la perdita del fratello e non riesce ad andare avanti, neanche quando un nuovo personaggio arriva nella sua vita e potrebbe dargli una gioia. Sì, parlo di Claire, la cugina di Richie che è chiaro fin da subito abbia una grossa cotta per Carmy. Richi, ahimé è sempre uno stronzo, ma uno stronzo che non riesco a odiare totalmente. Forse per il suo essere un po’ un cane bastonato, alcuni di voi potrebbero dire “hey se lo merita” e non dico di no, ma tuttavia, penso solo che gli servirebbero delle sedute dallo psicologo. Servirebbero a tutti lì dentro, ma in fondo servirebbero a tutti noi, no? Anyway, a differenza della prima stagione, qui veniamo lasciati con l’amaro in bocca e il furente litigio tra Carmy e Richie sembra far emergere un po’ le paure di entrambe, il primo che non accetta la felicità, il secondo che sente di essere solo perché un – passatemi il termine – coglione, senza scopo nella vita. Detto ciò, resta una serie perfettamente imperfetta, con varie sfumature non solo in un personaggio, ma in più di loro. Ci sarà una terza stagione? Lo scopriremo.

Passo, chef!

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