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Tutti i ginecologi obiettori: all’ospedale di Ciriè non si può abortire

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articolo di Brunella Anna Caponetto

Ancora oggi, nel 2022, in Italia non è ancora garantito un diritto ottenuto nel 1978: l’aborto.

Esempio lampante degli ultimi giorni è quello dell’ospedale di Ciriè, in Piemonte. Uno dei 15 presidi ospedalieri, riferimento sanitario per almeno 100 mila persone (se non di più) dalle alte valli di Lanzo a Venaria che non dà la possibilità di abortire a chi ne fa richiesta a causa della totalità di ginecologi assunti.

L’ospedale di Ciriè con il 100% di medici anti-abortisti disapplica totalmente la legge 194/78 sull’interruzione volontaria della gravidanza (Ivg) e ne impedisce l’applicazione effettiva. Le conseguenze non sono solo etiche ma anche fisiche e psicologiche: molto spesso alle origini di una interruzione di gravidanza ci sono violenze fisiche sulle donne, maltrattamenti e reati penali. La Regione Piemonte non può consentire che la legge 194 sia palesemente disapplicata senza muovere un dito“. attacca la deputata Jessica Costanzo deputata ex M5S e oggi con L’Alternativa nel Gruppo Misto.

“Il fenomeno è molto diffuso”

Silvio Vitale, ginecologo e una sorta di bandiera dei medici che all’aborto invece hanno detto sì (ma come lui anche il molisano Michele Mariano che ha rimandato per mesi la pensione pur di non lasciare sola l’unica collega non obiettrice, Giovanna Gerardi, che invece da sola è rimasta) allarga le braccia: “Il fenomeno è molto diffuso.

La scelta dell’obiezione di coscienza è tutelata sempre dalla legge 194/78 a prevederla, all’articolo 9 che prevede la possibilità di obiettare “per le attività direttamente e specificamente volte all’interruzione della gravidanza” ma non per l’assistenza precedente e successiva. Spesso questa scelta è presa per motivi “etici” O legati alla “fede” ma, in realtà, questa scelta spesso porta difficoltà nel fare carriera.

E ancora, c’è chi sceglie di essere obiettore per una motivazione economica: nel nostro Paese infatti l’Igv è una delle poche pratiche che per la sanità pubblica non può essere praticata in libera professione all’interno degli ambulatori degli ospedali, facendosi pagare dalle pazienti.

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