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Oppenheimer // RECENSIONE

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“Sono diventato Morte, distruttore di mondi.”

Eroe di guerra americano, visionario, genio affascinante; ma anche donnaiolo, istrionico affabulatore, comunista messo sotto osservazione dall’FBI – e, soprattutto, padre della bomba atomica.

Quella di Oppenheimer è una figura complessa, all’apparenza contraddittoria e sicuramente scomoda – farne un film che non si trasformasse in una stucchevole celebrazione o al contrario in un ritratto crudele era obiettivo assai complicato: eppure, Christopher Nolan c’è riuscito.

Eroe, mostro, uomo

In tre ore di visione (che non pesano affatto sullo spettatore), attraverso salti temporali, un cast davvero eccezionale e un uso magistrale del suono e del colore, il regista è riuscito a decostruire l’eroe-mostro Oppenheimer, a scomporlocome se si trattasse di uno dei quadri cubisti mostrati non a caso all’inizio della pellicolae ad assembrarlo di nuovo, mostrandoci tutti i suoi spigoli, le sue ombre, le sue contraddizioni: Nolan l’ha rifatto uomo.

E per farlo parte da lontano e da vicino: ci mostra la sua gioventù e il suo anonimato, ma anche la sua maturità, il periodo in cui era l’uomo più famoso del mondo – e non è un caso che le parti ambientate nel passato più remoto della vita di Oppenheimer siano a colori mentre le più recenti, quelle che riguardano le accuse, i sospetti, i pedinamenti dell’FBI siano in bianco e nero. Se le seconde scene, infatti, riguardano il modo in cui il fisico è stato rappresentato – prima santo e poi diavolo, senza le sfumature che sono proprie dell’esistenza – le prime mostrano allo spettatore il punto di vista di Oppenheimer, lo tirano fuori dalle pagine stampate dei quotidiani attraverso cui è passato alla storia e gli danno quella tridimensionalità sgradevole, affascinante e vera che possiede solo la carne.

Di cosa parla davvero Oppenheimer?

Oppenheimer non è un film sulla bomba atomica – c’è la bomba, certo, che è l’apocalittico acme della carriera del protagonista e intorno a cui ruotano gli eventi raccontati – ma è un film sulla natura umana. Oppenheimer è un Prometeo atomico, portatore di un fuoco devastante e condannato al tormento del rimorso, ma è anche un imprudente Icaro, un Faust ingordo: è tutti questi riflessi archetipici e contempo non ne è davvero nessuno – è un uomo.

Nolan spoglia Oppenheimer di tutta la sua straordinarietà e lo riconduce alla sua dimensione più autentica – fallace, ambigua, persino pavida. Oppenheimer – le sue colpe, i suoi difetti, le sue aspirazioni e i pregi – si trasforma in uno specchio in frantumi e in ciascuno dei suoi cocci ciascuno spettatore può vedere un frammento di se stesso.

La bomba

Lo sviluppo della bomba atomica fu un bene o un male? Nolan non ha la pretesa di sapere la verità e nemmeno vuole indottrinare il suo pubblico: immergendolo nell’entusiasmo e nella paura e nel tormento di Oppenheimer, lascia che sia lo spettatore a darsi delle risposte. Era davvero necessario lanciare la bomba? Il progetto Manhattan è stato davvero il male minore? E ha senso, è lecito parlare in questi termini in relazione alla morte di centinaia di migliaia di esseri umani? In Oppenheimer non c’è una risposta univoca a questa domanda. C’è solo lo sguardo di un essere umano, uno specchio che riflette un mostro, un eroe, un esaltato, un folle, un genio che ha dato all’umanità il potere di distruggersi.

Possono gli uomini disporre di un tale fuoco?

La storia ancora non ci ha dato una risposta e, in questi anni di guerra, questa domanda brucia ancora.

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