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Prospettive

Quanto dura l’amore secondo la psicologia?

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“L’amore è eterno finché dura” è il titolo di un celebre film di Carlo Verdone, nonché la filosofia di vita di molti. Potrebbe sembrare una frase sarcastica, cinica, eppure racchiude in sé un concetto esplorato da generazioni e generazioni di innamorati: quanto dura, effettivamente, l’amore? Esiste un termine massimo a livello scientifico? Cosa ne pensa la psicologia? Se anche voi rientrate nella cerchia di persone che, almeno una volta nella propria vita, si è posta queste domande, continuate a leggere per trovare una risposta.

L’amore come teoria psicologica

Ellyn Bader e Peter Pearson sono due psicologi, nonché coniugi, pionieri nell’ambito della psicoterapia di coppia e nell’analisi dell’evoluzione dei sentimenti. Secondo i due esperti, ogni relazione dovrebbe attraversare alcune fasi, per definirsi sana e pregna d’amore (quello “vero”). L’amore è un sentimento complesso, cangiante e multiforme, che ha bisogno di assumere diverse sfumature prima di stabilizzarsi. Bader e Pearson ne contano quattro fondamentali, di cui riportiamo i “sintomi” per riconoscerle e i rispettivi scopi che dovrebbero riuscire a raggiungere.

1) Simbiosi o Innamoramento – primi sei mesi

Foto di: Dissolve

La prima fase è quella che molti scambiano per amore, mentre invece si tratta solo di «innamoramento». È ovviamente una declinazione del sentimento, e ne fa quindi parte, ma non ha ancora raggiunto la sua vera essenza. Complice la forte idealizzazione che si proietta sull’altro, questo primo periodo è la fase sperimentale in cui si inizia a vivere in “simbiosi”. I confini tra le due parti si fanno meno netti, vengono più enfatizzate le cose in comune rispetto alle differenze, sembra che il tempo insieme non sia mai abbastanza. Le due unità separate si uniscono in un groviglio di attrazione quasi incontrollabile, ci si lascia spesso convincere che l’altro sia uno specchio di sé stessi, simile e quindi perfetto per noi. L’obiettivo dell’innamoramento è quello di costruire le fondamenta di un legame, che si dovrà poi costruire in seguito. Il primo momento non lascia molto spazio all’individualità dei membri: si inizia a esistere in coppia.

2) Differenziazione – dai sei ai nove mesi

Qui l’incantesimo iniziale si spezza. Nella seconda fase, anche detta del “risveglio”, i partner si focalizzano nuovamente su sé stessi, mettendo in discussione i bisogni di coppia. La simbiosi cessa di esistere, ognuno torna a curarsi delle proprie necessità di sempre, ed è per questo che molte relazioni finiscono proprio con l’avvento di questo periodo. Il partner può apparire cambiato, diverso dagli inizi, anche se in realtà si sta solo riappropriando della sua esistenza come singolo. La differenziazione sicuramente porta con sé un sentimento di disillusione che, in un modo o nell’altro, delude le aspettative dell’innamoramento. Ma, per le relazioni che mirano a durare nel tempo, potrebbe rivelarsi un’occasione per scoprire l’altro nella sua unicità, piuttosto che solo come metà della coppia. Naturalmente, gli ostacoli si fanno più insidiosi se uno dei due innamorati non è pronto ad affrontare questa fase, e vorrebbe invece continuare a vivere in simbiosi. In questo caso il cambiamento viene visto in modo negativo, anziché come una spontanea evoluzione della relazione. Lo scopo di questo momento è imparare a gestire le differenze all’interno della coppia e trovare un modo per farla funzionare nonostante gli scontri, scendendo a compromessi.

3) Sperimentazione – dai dieci ai diciassette mesi

Foto di: Ines Bazdar

Nella terza fase della relazione, gli individui all’interno della coppia sentono la necessità di esplorare il mondo che c’è oltre l’amore. Prevale il bisogno di indipendenza, di affermare il proprio “io”. Questo periodo può portare a una certa distanza, dovuta principalmente alla mancanza dell’empatia che si aveva in precedenza nei confronti dell’altro. La sperimentazione è probabilmente lo scoglio più alto dell’amore, in cui i partner discutono e combattono per la propria autonomia, senza curarsi dei bisogni altrui. La suddetta crisi avviene nelle coppie che non hanno ancora imparato a gestire pacificamente i conflitti, mentre in quelle sane, questo periodo è di tutt’altro impatto. È un momento cruciale per assumersi la responsabilità delle proprie azioni, per andare incontro all’altro senza però rinunciare a sé stessi, e infine per esprimere la propria individualità come risorsa per la coppia, più che come minaccia.

4) Riavvicinamento e Interdipendenza – dai diciassette ai trentasei mesi, e oltre

Queste sono le fasi dell’equilibrio. Il desiderio di autonomia comincia ad andare di pari passo con il ritrovo dell’intimità di coppia, pur non rinunciando alla propria unicità. La simbiosi della prima fase e l’ossessione per l’individualità della seconda e terza fase sono state completamente superate, lasciando posto all’interdipendenza. Il riavvicinamento permette di dimostrare impegno costante al partner, esponendosi senza temere di mostrare le proprie debolezze. Dall’altro canto, l’interdipendenza aiuta con la condivisione e il rispetto, due elementi fondamentali per maturare un amore che riuscirà a durare.

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