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2 anni agoon
Quella del salario minimo è una storia lunga e molto diversificata da stato e stato.
In Francia, ad esempio, esiste dal 1950; in Inghilterra è stato introdotto da Tony Blair nel 1998, in Germania nel 2015. In totale, in Europa, il salario minimo esiste in 22 Stati membri della UE; non in Italia, dove c’è il reddito di cittadinanza, che è cosa leggermente diversa.
Spesso si lega la questione del reddito di cittadinanza al salario minimo. Infatti il primo, senza il secondo, rischia di disincentivare la ricerca attiva di un lavoro. Tuttavia, si tratta di due cose distinte. Infatti il reddito di cittadinanza è una forma di assistenza che consiste nell’erogazione di una cifra attribuita indistintamente a lavoratori e a disoccupati. Al contrario, è rivolto solamente ai lavoratori e punta a tutelare coloro che, nonostante abbiano un’occupazione, si trovano vicini alla soglia di povertà.
Per salario minimo, infatti si intende la garanzia di una retribuzione che sia proporzionale al lavoro svolto. Sempre per restare in Italia, il principio è sancito anche nella Costituzione, dove, all’articolo 36 è scritto che ogni lavoratore ha diritto “a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa”. Come è evidente, i parametri sono molto generali e pensati per dar modo ai sindacati delle diverse categorie di avere margine di contrattazione all’interno dei singoli “contratti collettivi” di categoria.
Ora le cose però potrebbero cambiare, perché il Consiglio d’Europa ha accettato la proposta della Commissione dei ministri per il Lavoro e le Politiche Sociali e ha dato il via all’iter negoziale con il Parlamento per arrivare alla definizione di un salario minimo europeo.
Il salario minimo potrebbe essere un passo importante nella direzione della costruzione di un’Europa sociale
Nel concreto, come detto, il salario minimo, dove attualmente previsto, varia molto: si va dai 1.998,59 euro al mese del Lussemburgo e i 1.614 dell’Irlanda, ai 400 euro della Lituania e i 260,8 euro della Bulgaria. Impossibile, chiaramente, indicare una cifra “minima” che sia unica per tutti i Paesi e, infatti, la proposta della Commissione va nella direzione di definire un minimo che corrisponda al 60% del salario mediano.
In Italia, secondi i dati Eurostat, si dovrebbe arrivare ad un salario minimo garantito di 1.261 euro al mese, corrispondenti a quasi sette euro l’ora.
A differenza di quello che potrebbe sembrare, la retribuzione non è il primo “driver” motivazionale di un lavoratore. In particolare, sono molto più importanti lo sviluppo personale (dall’apprezzamento da parte dell’organizzazione e del manager alla possibilità di fare carriera), della cura delle persone (colleghi attenti e affidabili, il senso di appartenenza) e del work life balance (carico di lavoro, flexibility)
L’ipotesi è che il salario minimo, in caso di accordo di maggioranza, possa essere approvato anche in tempi rapidi. Entro la fine della legislatura, è l’augurio dei proponenti. Ovvero entro la primavera del 2023. In realtà quest’ipotesi è tutt’altro che semplice.
Il problema principale resta la mancanza di voti. Da soli M5s, Pd e sinistra non bastano: servono almeno i voti di Italia Viva che, al momento, esprime molti dubbi. E anche le posizioni di Fi e Lega, che compongono la maggioranza di governo, non sembrano aiutare l’approvazione veloce del ddl. Serve un accordo, quindi. E poi i tempi potrebbero anche essere rapidi, nonostante si attenda – dopo il Senato – il passaggio anche alla Camera.
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