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1 anno agoon
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Rosa SerraAd affermarlo è una ricerca dell’ente europeo di servizi per l’impiego, l’EURES: in Italia i giovani guadagnano a malapena mille euro al mese. Il sondaggio, realizzato in collaborazione con il Consiglio Nazionale dei Giovani, si intitola “Nuove professioni e nuove marginalità. Opportunità, lavori e diritti per i giovani del terzo millennio”. In particolare, ha analizzato un aspetto negativo del progresso: l’introduzione di ruoli lavorativi completamente nuovi ha scosso il mercato, trovando la maggior parte degli under 35 impreparati a stare al passo coi tempi. C’è chi ha dedicato anni di studio, specializzazioni e fatica a una materia ormai superata, o a una posizione lavorativa sostituita dalle varie intelligenze artificiali che spuntano numerose di giorno in giorno.
Qual è il risultato di queste nuove tendenze? La stragrande maggioranza delle professioni accessibili risulta disorganizzata negli orari di lavoro e offre salari incompatibili con i ritmi degli impiegati. Le percentuali dei lavoratori italiani scontenti del proprio impiego fanno riflettere. Il 46% degli under 35 intervistati percepisce uno stipendio inadeguato per la posizione ricoperta o per l’ammontare di lavoro; in oltre il 40% dei casi si tratta di cifre inferiori ai mille euro. Se ciò non fosse già abbastanza, è purtroppo molto comune (la stima è di quasi un lavoratore su due) non ricevere un salario mensile fisso, modalità che impedisce la realizzazione di qualsiasi progetto per il futuro o desiderio di indipendenza e stabilità economica.
Un altro report redatto dall’unione italiana dei lavoratori del turismo, l’UILTUCS, offre un altro deprimente spaccato della realtà lavorativa degli under 35 italiani, questa volta concentrandosi sul settore terziario. Le stime dei lavoratori che guadagnano meno di mille euro al mese sono molto vicine a quelle calcolate dall’EURES, ma emergono altri dati che fanno impallidire. Il 38% dei giovani impiegati nel terziario sembrerebbe portare a casa meno di 780 euro, per una media oraria che non arriva neanche ai 9 euro. Particolarmente svantaggiate, poi, sono le giovani donne, che nel settore dei servizi guadagnerebbero fino al 25% in meno rispetto alla controparte maschile.
Paolo Andreani, segretario generale UILTUCS, offre una riflessione sul tema dal punto di vista dei sindacati: “Il tema dei salari è oggi al centro del dibattito, soprattutto con riferimento al salario minimo. Ma la ricerca ci mostra come il vero tema da affrontare è il fatto che i salari in Italia sono praticamente fermi da 30 anni, se non in discesa”. E aggiunge: “Il salario minimo per noi deve coincidere con i minimi contrattuali. E spetta a noi nel rapporto con l’impresa agire per affrontare questo problema e migliorare le condizioni dei nostri lavoratori, attraverso la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e territoriale. La politica deve aiutare i rinnovi contrattuali con la detassazione degli aumenti salariali”.
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