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Cronaca

Insicure e poco spavalde: per Barbero è “colpa” delle stesse donne se non hanno successo

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articolo di Saveria Russo

Alessandro Barbero, famoso storico e medievista, si ritrova (ancora) al centro di una bufera social: sarebbero le donne stesse, insicure e poco spavalde, a non riuscire ad abbattere il gap salariale.

Insicure e poco spavalde: ecco cos’ha detto Barbero

Secondo lo storico Alessandro Barbero, le donne restano indietro, senza riuscire ad imporsi negli ambiti sociali, economici e lavorativi perché “insicure” e “poco spavalde”: quello che per molti non è altro che una “provocazione” quella dello storico, non è che però il pensiero comune.

Secondo un approfondimento promosso da IBM, molti uomini ritengono ancora oggi che le donne siano meno propense alla carriera per lasciare spazio a famiglia e prole. Il 58% degli uomini intervistati, anzi, ritiene che le donne non abbiano le adeguate capacità di leadership o che non desiderano ricoprire incarichi così importanti.

Che quindi stesse toccando un tema delicato, ne era consapevole anche lui: “Rischio di dire una cosa impopolare, lo so”, ha premesso lo storico Alessandro Barbero nel rispondere ad una domanda sul gender gap durante un’intervista alla Stampa per introdurre una serie di lezioni che terrà al grattacielo Intesa Sanpaolo di Torino che si intitolano appunto Donne nella storia: il coraggio di rompere le regole. Barbero descriverà i casi storici “eccezionali” di Madre Teresa di Calcutta, Caterina di Russia e Nilde Iotti.

Ma ciò nonostante è andato avanti: e le sue parole sono finite nel giro di poche ore protagoniste di una nuova polemica social, scatenando un polverone simile a quello sollevato dall’appello contro il green pass all’università. “Vale la pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi. È possibile che in media, le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiuta ad affermarsi? Credo sia interessante rispondere a questa domanda. Non ci si deve scandalizzare per questa ipotesi, nella vita quotidiana si rimarcano spesso differenze tra i sessi”, ha aggiunto lo storico.

L’intervistatrice gli ricorda che forse la risposta sta anche in un “mondo storicamente dominato dai maschi” che oppone “resistenza all’ascesa delle donne”, escludendole di fatto dai ruoli di comando, “in modo più o meno esplicito” e la risposta di Barbero lascia trasparire ottimismo: “Se così è, allora è solo questione di tempo. Basterà allevare ancora qualche generazione di giovani consapevoli e la situazione cambierà”.

Le differenze strutturali

Viene da chiedersi, quindi, da quale raffinata analisi storica e sociale possa venire fuori una riflessione di questo genere, e se si tratti dello stesso Barbero autore della serie di lezioni e podcast sulle donne che hanno avuto il coraggio di rompere le regole, le convenzioni, le prigioni. Ovvero il sistema nel quale sono vissute per secoli e secoli (e in alcuni luoghi del mondo continuano a vivere: è infatti recente la terribile notizia della pallavolista decapitata dai talebani, Mahjubin Hakimi).

Ci sono una serie di cose assurde, in questa approssimativa risposta: anzitutto quelle “differenze strutturali” del tutto incomprensibili. La differenza strutturale c’è, eccome, ed è appunto nella struttura della società e nei suoi strumenti culturali (a partire dalla lingua e dalla sua dissimmetria tra maschile e femminile).

Nella struttura dello sguardo, che è una costruzione culturale, come la lingua. Nel ruolo storicamente attribuito alle donne: secondario, accessorio, ritirato, “biologicamente determinato” dalla maternità e dalla cura. E oggi che, per la prima volta nella storia del mondo, le donne (ma non dappertutto, mai dappertutto) fanno pressoché tutte le cose che sono sempre state loro negate, vi accedono con molta più difficoltà, con meno opportunità, con carriere più difficili e salari più bassi.

Non parliamo poi del fatto che “aggressività, spavalderia e sicurezza di sé” siano considerati da Barbero importanti per “affermarsi”, e siano percepiti come valori.
Curioso perché si pensava che cooperazione, empatia, spirito di solidarietà, competenza fossero imbattibili, e anzi capaci di sovvertire tutta una struttura, di segno maschilista e patriarcale, fondata sull’aggressività e ingiusta con le donne e pure con gli uomini.

Le repliche a Barbero

Questa risposta non evita allo storico, volto noto della divulgazione sulla Rai, una serie di repliche e di polemiche, politiche e social, ovviamente tutte da parte di donne, poiché è compito delle donne stesse, senza alcun aiuto, difendersi e cercare di abbattere quel mostro che è il “patriarcato.”

Se il prof Barbero vuole conoscere una donna aggressiva può parlare con me dopo che ho letto le sue parole“. Lo scrive in un tweet l’eurodeputata Pd, Pina Picerno o ancora la ministra Monica Cirinnà (Pd) “Le parole di Barbero sono pericolose, non mi serve un uomo per essere spavalda.”

Ma le critiche non arrivano solo da sinistra: ci pensa anche Fratelli d’Italia a rincarare la dose. “Le differenze tra uomo e donna esistono ed è banale ripeterlo, ma dire che essere donne equivale a essere insicure è una stupidaggine. Se poi essere spavaldi significa dire stupidaggini è meglio non esserlo. Se queste poi sono le ’differenze strutturali’ a cui il professore Barbero si riferisce evidentemente siamo di fronte a un pensiero retrogrado su cui invitiamo il confronto“. Lo dice la deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli in risposta all’intervista di ieri. “Barbero venga a dibattere con noi dei temi di disparità salariali, professionali e di carriera, sui tempi del lavoro, sui servizi alla famiglia, sulle reti di sostegno alla genitorialità, sul merito, sulla possibilità di coniugare studio a militanza fin da giovanissime, sui costi della politica in una nazione in cui lavorano ancora troppe poche donne. Siamo orgogliosi di essere l’unico partito che ha come leader una donna e non per ragioni di genere ma per merito, unico concetto che manca purtroppo quando si vogliono dare lezioni in rosa”.

In breve la palla è passata anche alla politica: il deputato di Italia Viva Michele Anzaldi, membro della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, ha chiesto l’allontanamento di Barbero dalla Rai: “Sarebbe giusto e doveroso che con ‘spavalderia e sicurezza di sé’ la presidentessa Rai Marinella Soldi chiedesse lo stop immediato a tutte le collaborazioni Rai presenti e future con il professor Barbero. Mi auguro che il Cda affronti subito la questione”.

Tra i vari interventi sulla questione, c’è stata anche quella della rettrice della Sapienza, Antonella Polimeni: “La carriera non dipende da quanto si è aggressive, ma dalle pari opportunità. Vedo ragazze con voti alti e titoli prestigiosi che poi si fermano davanti all’impossibilità di conciliare lavoro e famiglia”.

I motivi dietri il gender gap

Il prof avrebbe potuto dire che la responsabilità è di una società che ha scaricato per secoli solo sulle donne il peso della famiglia, facendo sì che non potessero mai mettere la carriera al primo posto: basta pensare ai dati sulle dimissioni dei neo-genitori del 2020: quasi nell’80% dei casi si tratta delle madri.  Barbero avrebbe potuto dire anche che non c’è alcuna motivazione logica che giustifica il gender pay gap, cioè il fatto che per lo stesso lavoro le donne tendono a guadagnare sempre una piccola percentuale in meno rispetto agli uomini e che l’unica spiegazione a questo fenomeno risiede nella convinzione storica e patriarcale che l’impegno, il tempo e i risultati delle donne, a prescindere, non siano paragonabili a quelli degli uomini.

Ancora tocca leggere sugli annunci di lavoro “bella presenza acqua e sapone”, per fare le segretarie, le cameriere e se le donne sono aggressive, quasi sempre viene detto che sono “isteriche”, se si valorizza la carriera le donne sono “madri poco presenti.”

La distanza non è in natura, ma è venuta a crearsi attraverso un interminabile monopolio del potere, un gioco tutto al maschile al quale le donne hanno preso parte come corpo sociale solo da poco più di un secolo.

Sarebbe bello poter essere ottimista come Barbero, quando aggiunge che dovrebbero essere bastati i passi in avanti degli ultimi cinquant’anni a cancellare divario e violenza di genere. Magari, se così fosse vivremmo liberi da razzismo, fascismo, maschilismo e omobitransfobia.

Tutta la narrazione che il “maschio” ci ha fatto interiorizzare, invece, è molto più complicata da sradicare, soprattutto finché nei luoghi di potere ci saranno sempre e solo i suoi simili in maggioranza.

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