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Cronaca

Startup: ecco perché l’Italia è indietro di anni

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Startup o Start down?

Quando ci si trova dinnanzi ai dati di fonte Ocse, che registrano la nascita e l’evoluzione delle start-up innovative in Italia, il dubbio è lecito.

Stando a tali dati, gli studenti universitari italiani fondatori di startup innovative sono il 6% contro il 13,6% del Canada e il 9,4% della Germania. Questo perché i giovani sono sempre meno incentivati a lanciarsi in un’attività imprenditoriale, e preferiscono guardare al “posto fisso”.

Quali sono i motivi?

Di certo la farraginosa e problematica macchina burocratica italiana non invoglia i nuovi imprenditori a creare nuovi progetti, ma al contrario li spinge a imboccare vie di fuga verso l’estero.

A ciò bisogna aggiungere che è drammatico il dato relativo al costo per creare una startup in Italia rispetto agli altri paesi europei: da un documento del Centro studi di Unimpresa sui costi delle start up nell’Unione europea, nel bel paese creare una azienda innovativa costa quasi 10 volte tanto rispetto alla Germania, più di 15 volte rispetto alla Francia e anche quasi 7 volte in più della Spagna, ben 188 volte in più della Croazia.

Ma facciamo un passo indietro: che cosa è una start up innovativa?

Il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (cosiddetto «Crescita 2.0») introduce per la prima volta in Italia il concetto di start up innovativa e ne formula una definizione.

Una Startup Innovativa è un’impresa ad altissimo contenuto tecnologico o innovativo con le carte in regole per crescere velocemente e generare tantissimo valore, anche per l’intero paese in cui opera.

Per guadagnare lo status di Startup Innovativa un’impresa deve soddisfare due classi di requisiti, quelli oggettivi, che sono requisiti obbligatori e quelli soggettivi, che lo sono in parte, nel senso che ne basta uno su tre

Vediamoli.

1. La start up innovativa «svolge attività d’impresa da non più di quarantotto mesi»

Quarantotto mesi equivalgono a quattro anni, ma spesso questo lasso di tempo risulta essere troppo limitato affinché una Startup inizi ad ingranare completamente e ad essere realmente competitiva.

2. Ha come soggetto sociale lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di un prodotto o servizio ad alto valore tecnologico o innovativo.

E’ la startup medesima, attraverso una autocertificazione, a garantire questo requisito, ma chi controlla che sia così?

3. Valore totale annuo della produzione deve essere inferiore a 5 milioni di euro.

In base al terzo trimestre 2018, su bilanci del 2017, per circa 10.000 imprese il valore complessivo della produzione si attesta intorno ai 961 milioni di euro.

Tra i requisiti soggettivi:

4.«L’impiego in percentuale uguale o superiore a due terzi della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di laurea magistrale».

Peccato che le 3.859 startup che impiegano personale (il 40% del totale) generino circa 13.000 posti di lavoro, con una media di 3,4 posizioni ognuna.
Piuttosto che concentrarsi su un unico imprenditore, come nelle aziende tradizionali, nelle Startup esiste un gruppo di imprenditori che condividono idee e conoscenze. Secondo Startup Heatmap Europe, il 23% di tali imprenditori ha avviato la propria iniziativa imprenditoriale in un paese diverso da quello di origine: la probabilità che i fondatori si trasferiscano oltre confine è cinque volte più alta rispetto alla media dei cittadini dell’Unione Europea.

Se ne deduce che una piccola impresa, una start up, se vuole svilupparsi e fare qualcosa di più che sopravvivere non può rivolgersi al solo mercato interno, ma deve aprirsi ai mercati internazionali.

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