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Letteratura

Egocentriche solitudini: “Tutto finisce con me” è una storia weird che racconta il nostro tempo narcisista – recensione

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tutto finisce con me

Cosa succederebbe se, al tuo risveglio, ti ritrovassi completamente solo?

Se lo chiede Gabriele Esposito nel suo romanzo “Tutto finisce con me”, una storia weird dove il protagonista, al suo risveglio, scopre di essere solo, davvero solo: svaniti i colleghi, la moglie, i passanti; sparite le notifiche sul cellulare, i baristi e la polizia… cosa sta succedendo?

Tra le pagine di questa storia breve che cita a più riprese il filosofo inglese Mark Fisher, l’autore indaga le egocentriche solitudini che popolano la società moderna attraverso un protagonista privo di qualsiasi empatia e al limite della psicosi: il risultato è un romanzo sperimentale e interessante che riesce a fare un ritratto impietoso e sincero della realtà in cui ci troviamo immersi.

Un protagonista al limite della psicosi

Il protagonista di questa storia bizzarra è un uomo in carriera, un matematico che trascorre tutto il suo tempo libero ad allenarsi e a cullarsi in morbose fantasie sessuali che coinvolgono la moglie, i colleghi e tutti i suoi conoscenti. Si tratta di un uomo giovane che sembra essere privo di qualsiasi tipo di empatia e immune a qualsiasi emozione che non sia la rabbia, incapace di considerare i rapporti umani se non in termini utilitaristici, competitivi e feroci.

“Ogni singola informazione che passa ci chiede: credi in me oppure no? Leggimi: ne hai bisogno, a vivere ci penserai dopo. Io sono un matematico, il mio dio è la perfezione.”

Il protagonista ha una moglie, Veronica, che viene descritta in base al suo punto di vista e solo superficialmente. Sappiamo che è bella e tonica, che è laureata e legge libri; grazie al protagonista sappiamo perfettamente in quali statistiche rientra e che le sue caratteristiche le garantirebbero un’alta probabilità di vittoria in un quiz a premi, ma di lei non sappiamo nient’altro. Cosa ama? Cosa odia? Il protagonista non ce lo dice, forse nemmeno lo sa – e, se anche effettivamente conosce le risposte a queste domande, non ci pensa mai. Ogni persona intorno a lui esiste solo in funzione di se stesso, un maniaco egocentrico al limite della psicosi che cerca di manipolare chiunque per raggiungere i propri scopi.

Una scelta davvero coraggiosa, quella di Gabriele Esposito, perché questo è un protagonista per cui è davvero difficile “fare il tifo”. Sgradevole, crudele e scorretto, pagina dopo pagina spinge il lettore a odiarlo. Si tratta comunque di una scommessa vinta, perché proprio la sgradevolezza dell’uomo insieme all’escamotage degli accadimenti bizzarri che si verificano spingono ad andare fino in fondo alla storia.

Quando il mondo interiore è deserto

Un mattino il protagonista si sveglia e scopre che tutti sono svaniti: il mondo è deserto. Questa bizzarria accade più di una volta, e ogni volta che si verifica l’uomo mette in atto comportamenti assurdi e distruttivi:  urina in un ristorante di lusso, rovina una tela preziosa, si reca in un bar e danneggia i pasticcini esposti in vetrina. Di tanto in tanto, nel corso delle sue avventure nella città deserta, incontra qualche essere vivente: un cane, un mendicante, una ragazza conosciuta su Tinder, dei ragazzini. Tutti soli come lui.

“Sono in aperta campagna. Uno spaventapasseri impalato poco più in là ondeggia nel vento, privato della compagnia dei corvi. Ma è l’ora dei corvi? Non staranno dormendo? Il pupazzo non spaventa nessuno oppure è così bravo che sta spaventando tutti e per questo è solo?”

Mentre lui si aggira per le strade desolate, scopre che un suo alter-ego continua a vivere nella realtà dove esistono anche le altre persone: frequenta riunioni, lavora e parla con la moglie. Ma  lui non ricorda niente e nemmeno gli interessa, perso nelle palestre completamente vuote dove si reca nudo per ammirare il proprio riflesso negli specchi mentre svolge gli esercizi, descrivendo alla perfezione il panorama interiore di un uomo ormai completamente alienato dal mondo e anche da se stesso.

Rinunciare agli altri: una rescissione completa dalla realtà

Che senso ha una vita del genere? Il protagonista – come molti altri nel mondo al di fuori della narrazione – abita un mondo dove tutti gli altri non sono altro che il riflesso delle proprie ambizioni e perversioni, un mondo dove tutto inizia e finisce con lui stesso e che non ha altro scopo se non continuare a ripetersi.

Il protagonista è tentato dalla possibilità di spezzare definitivamente il rapporto con la realtà e vivere in quel mondo di solitudine, specchi e mendicanti, un mondo psicotico pieno di sé dove non possono arrivare lutti, abbandoni e fallimenti: cosa farà? E che senso avranno le sue azioni nel suo mondo pieno di specchi vuoti?

“Il futuro che vuoi non arriva mai: lo aspetti giorno dopo giorno e così facendo ti dimentichi di vivere.”

Perché leggere “Tutto finisce con me”?

Tutto finisce con me” non è un romanzo adatto a tutti i palati. Piacerà sicuramente a chi ha dimestichezza con la filosofia di Fisher e la letteratura weird, a chi ama un certo genere di romanzo sperimentale; è un testo adatto a chi si pone domande sulla solitudine in cui questa società iperconnessa ironicamente, spesso, ci confina, e anche chi ama le storie ben scritte che abbiano, alle spalle, precisi ragionamenti e filosofie.

Tutto finisce con me” è una prova di stile interessante ed efficace che incuriosisce, lascia stupiti e spinge a ragionare. Sicuramente leggerò con piacere anche i prossimi testi dell’autore, che ha dimostrato, con questo testo, di saper gestire storie bizzarre e complicate.

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