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2 anni agoon
Grassofobia. Fatfobia. Pregiudizio anti-grasso. Antigrasso. Sizeismo. Distorsioni di peso.
Questi sono termini diversi, ma hanno una cosa in comune: si concentrano tutti sullo stigma del peso, gli atti discriminatori e le convinzioni rivolte alle persone in sovrappeso o che soffrono di obesità.
Potresti sentire la fatphobia più spesso, ma i termini che includono la parola grasso tendono a generare polemiche.
Gli esempi di grassofobia e di pregiudizi sul peso riguardano molti settori della nostra vita, a volte senza che ce ne rendiamo nemmeno conto.
Dai negozi di abbigliamento che non sono inclusivi nel range di taglie, ai sedili degli aerei troppo piccoli, o episodi di discriminazione in campo medico e sanitario, quello della grassofobia è un tema davvero caldo, su cui è importante fare molta attenzione – e a volte anche un bell’esame di coscienza.
“La grassofobia non si limita al body shaming, ma è la sistematica e sistemica stigmatizzazione, discriminazione ed esclusione delle persone grasse nella società, nel mondo del lavoro, nella scuola, nella rappresentazione mediatica, in campo medico e, nel caso dei corpi più grassi, anche nell’accessibilità ai luoghi e ai trasporti”.
Queste sono le parole di Chiara Meloni e Mara Mibelli, fondatrici del progetto “Belle di faccia”, nato prima su Instagram e poi diventato un’associazione che promuove la fat acceptance e la body positivity.
La grassofobia comincia proprio a partire dal linguaggio: la parola “grassa” è quasi diventata un tabù, sostituita da eufemismi e perifrasi, come se fosse quasi una parolaccia.
Il fatto che, a differenza di magra, snella, alta, bassa, bionda, l’aggettivo grassa sia usato solo come insulto e con accezione negativa, e che pur di non usarla per descrivere una persona amica si utilizzino decine di eufemismi, da rotonda a morbida, passando per robusta e curvy, la dice lunga su come ci sia un disagio collettivo nei confronti del grasso.
Come si può lottare contro questo tipo di discriminazione che rimane così invisibile agli occhi di tanti? In primis bisognerebbe smetterla di parlare così tanto dell’aspetto fisico, di chiunque. Riflettere sul linguaggio che si usa e filtrare i messaggi tossici e negativi dei media e dei social.
Ma cosa più importante, la conoscenza è l’arma più potente: conoscere le ragioni e la storia del disprezzo per il grasso, le sue origini razziste, classiste e sessiste, il modo in cui il senso di inadeguatezza, soprattutto femminile, viene utilizzato per vendere prodotti è fondamentale per liberarsi almeno in parte dell’atavico senso di colpa che sentiamo nei confronti dei nostri corpi.
Questa volta il premio del genio del mese va a quei ragazzi che si sono inventati la “Boiler summer cup“, ovvero la sfida di adescare in discoteca o in spiaggia una ragazza con qualche chilo in più, ballarci e far finta di esserne interessati.
È l’ultima genialata dei social, la classica challange che i ragazzi sfornano ogni giorno. Una trovata che fa velocemente il giro del web. Scandalizzando pochi, divertendo molti.
Lo scopo della “gara” per i ragazzi è quindi rimorchiare in discoteca ragazze “grasse e brutte” per ottenere dei punti per vincere. Ma vincere cosa poi?
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