Connect with us

Costume e Società

Cos’è la grassofobia?

Published

on

Cos’è la grassofobia?

Grassofobia. Fatfobia. Pregiudizio anti-grasso. Antigrasso. Sizeismo. Distorsioni di peso.

Questi sono termini diversi, ma hanno una cosa in comune: si concentrano tutti sullo stigma del peso, gli atti discriminatori e le convinzioni rivolte alle persone in sovrappeso o che soffrono di obesità.

Potresti sentire la fatphobia più spesso, ma i termini che includono la parola grasso tendono a generare polemiche.

Il grasso come stigma.

Sei davvero carina, certo, dimagrissi un po’ saresti ancora più bella”, oppure “Sei stressata in questo periodo? Ti vedo più gonfia”, “Hai davvero un bel viso. Peccato, però, per questi chili in più”.
Queste sono solo alcune delle frasi infelici che le persone grasse si sentono dire praticamente per tutta la vita.
Si, “persone grasse”, non “in carne”, non “cicciottelle”. Ma grasse. Perché esserlo non è l’ottavo peccato capitale. Come non lo è essere magri. Come non lo è essere normopeso.
E allora perché, se essere grassi non è un peccato verso l’umanità, diventa un modo di essere inconcepibile e anche malgiudicato da molte persone? Perché esiste la grassofobia.
Letteralmente la definizione di grassofobia, o fat shaming, è “la paura e il disprezzo verso le persone grasse che si manifesta a più livelli: dai commenti – non richiesti – offensivi e spesso pungenti e fuori luogo, a vere e proprie discriminazioni sul piano sociale, che portano a una penalizzazione ed esclusione dei soggetti in sovrappeso”.
In parole più semplici?

Io sono grasso, ma il problema diventa tuo.

E’ vero che i nostri primi nemici siamo noi, ma è altrettanto vero che essere circondati da chi alimenta un pensiero già di per sé negativo di certo non aiuta. Le parole hanno un peso, e il fat talk ne è la dimostrazione.
Il fat talk è il parlare in modo negativo del grasso.
Il dire che i leggings stanno bene solo sui corpi magri o che una maglietta attillata su una persona grassa la fa sembrare un insaccato, è una forma di fat talk.
Il fat talk è di uso comune in diverse situazioni, sui luoghi di lavoro come in un ritrovo di amici, a scuola come in tv.

Gli esempi di grassofobia e di pregiudizi sul peso riguardano molti settori della nostra vita, a volte senza che ce ne rendiamo nemmeno conto.

Dai negozi di abbigliamento che non sono inclusivi nel range di taglie, ai sedili degli aerei troppo piccoli, o episodi di discriminazione in campo medico e sanitario, quello della grassofobia è un tema davvero caldo, su cui è importante fare molta attenzione – e a volte anche un bell’esame di coscienza.

Ma la grassofobia non è solo un pregiudizio sull’aspetto.

La grassofobia non si limita al body shaming, ma è la sistematica e sistemica stigmatizzazione, discriminazione ed esclusione delle persone grasse nella società, nel mondo del lavoro, nella scuola, nella rappresentazione mediatica, in campo medico e, nel caso dei corpi più grassi, anche nell’accessibilità ai luoghi e ai trasporti”.

Queste sono le parole di Chiara Meloni e Mara Mibelli, fondatrici del progetto “Belle di faccia”, nato prima su Instagram e poi diventato un’associazione che promuove la fat acceptance e la body positivity.

La grassofobia comincia proprio a partire dal linguaggio: la parola “grassa” è quasi diventata un tabù, sostituita da eufemismi e perifrasi, come se fosse quasi una parolaccia.

Il fatto che, a differenza di magra, snella, alta, bassa, bionda, l’aggettivo grassa sia usato solo come insulto e con accezione negativa, e che pur di non usarla per descrivere una persona amica si utilizzino decine di eufemismi, da rotonda a morbida, passando per robusta e curvy, la dice lunga su come ci sia un disagio collettivo nei confronti del grasso.

Quali sono, allora, gli “antidoti” alla grassofobia?

Come si può lottare contro questo tipo di discriminazione che rimane così invisibile agli occhi di tanti? In primis bisognerebbe smetterla di parlare così tanto dell’aspetto fisico, di chiunque. Riflettere sul linguaggio che si usa e filtrare i messaggi tossici e negativi dei media e dei social.

Ma cosa più importante, la conoscenza è l’arma più potente: conoscere le ragioni e la storia del disprezzo per il grasso, le sue origini razziste, classiste e sessiste, il modo in cui il senso di inadeguatezza, soprattutto femminile, viene utilizzato per vendere prodotti è fondamentale per liberarsi almeno in parte dell’atavico senso di colpa che sentiamo nei confronti dei nostri corpi.

La Boiler summer cup, ennesima dimostrazione di ignoranza.

Questa volta il premio del genio del mese va a quei ragazzi che si sono inventati la “Boiler summer cup“, ovvero la sfida di adescare in discoteca o in spiaggia una ragazza con qualche chilo in più, ballarci e far finta di esserne interessati.

È l’ultima genialata dei social, la classica challange che i ragazzi sfornano ogni giorno. Una trovata che fa velocemente il giro del web. Scandalizzando pochi, divertendo molti.

Lo scopo della “gara” per i ragazzi è quindi rimorchiare in discoteca ragazze “grasse e brutte” per ottenere dei punti per vincere. Ma vincere cosa poi?

 

_____

Continua a seguirci su Facebook, su InstagramTwitter e Waveful! Ricevi tutte le notizie sul tuo cellulare iscrivendoti al canale Telegram.

Scopri gli ultimi aggiornamenti cliccando qui.

Continue Reading
Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Direttore responsabile: Maurizio Cerbone Registrazione al Tribunale di Napoli n.80 del 2009 Editore: Komunitas S.r.l.s. - P.IVA 08189981213 ROC N° 26156 del 25 gennaio 2016