Una vera e propria rivoluzione è divampata in Kazakistan e pare che nessuna risposta del governo fin ora sia stata in grado di sedarla.
La ragione della rivolta è stato l’aumento dei prezzi alle pompe di gpl che sono raddoppiate ovunque, in un Paese grande nove volte l’Italia e dove tutto viaggia su gomma. In un’economia che è fra le prime dieci esportatrici mondiali di greggio e, da sempre, calmiera i carburanti.
Presi d’assalto il municipio e la residenza presidenziale ad Almaty, cuore economico del Paese: stando alle stime provvisorie, si contano già 8 agenti uccisi e 317 feriti.
Il presidente Tokayev ha dapprima proclamato lo stato d’emergenza; ha poi cercato di calmare la piazza sciogliendo il governo guidato dal premier Askar Mamin e dando ordine di ripristinare i limiti non soltanto al prezzo del Gpl, ma anche sulla benzina, il diesel e altri generi “socialmente importanti”.
Nessuna di queste misure ha sedato la rivolta, a tal punto che Tokayev ha chiesto l’intervento militare di Mosca e degli altri Paesi membri del Csto.
Secondo il tra i manifestanti vi sono “banditi”, dei terroristi che fomentano la rivolta, contro i quali è pronto ad “agire nella maniera più ferma possibile”.
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