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2 anni agoon
Quello delle concessioni balneari è sicuramente uno dei topic più parlati nelle ultime settimane. Ma è necessario andare per punti, partendo dalle basi.
Le spiagge e le coste rappresentano un territorio demaniale, cioè una proprietà esclusiva dello stato. Questo significa che non si possono acquistare, ma semplicemente ricevere in licenza e affittare per un determinato periodo di tempo.
Le concessioni balneari non sono assegnate con gara pubblica, in quanto oggetto di continue proroghe. La domanda conseguente è quindi: chi richiede la gara pubblica? La direttiva Bolkstein del 2006.
Si tratta di un atto approvato dalla Commissione europea nel 2006 e recepito nell’ordinamento italiano dal governo Berlusconi, nel 2010. Deve il nome a Frits Bolkestein, allora commissario per la concorrenza e il mercato interno. La finalità di questa direttiva è quella di garantire pari accessibilità a tutte le imprese europee nel concorrere all’affidamento delle concessioni. I nostri “vicini” sono più rispettosi della concorrenza e del mercato. Ma in che modo?
Le concessioni balneari sono sempre assegnate con bando di gara.
L’emendamento ha già preso il via libera dalla Commissione e il Ddl Concorrenza approderà lunedì nell’Aula del Senato. Nel testo si conferma chele concessioni dovranno essere messe a gara entro il 31 dicembre 2023 (prorogabile al massimo di un anno a certe condizioni). Si afferma così il principio che le concessioni balneari non possono in alcun modo essere prorogate (in modo automatico e non).
Tutti, comprese microimprese e enti del Terzo settore. In sede di affidamento della concessione si dovrà valorizzare:
Tutte le forze che sostengono il governo erano d’accordo sul principio che il concessionario uscente dovesse essere ristorato per gli investimenti fatti negli anni. Le differenze riguardano la misura del ristoro:
Vanno rimborsati gli investimenti fatti. Eppure un accordo sarebbe stato facile da raggiungere, visto che un po’ tutti sono d’accordo sul prevedere degli indennizzi per quei gestori che, pur avendo investito molti soldi nel loro “bagno” potrebbero perderlo all’asta di fronte a offerte superiori a quanto potrebbero mettere sul tavolo per confermarsi concessioni che oggi “costano” pochissimo, e non garantiscono allo Stato quasi nemmeno il rimborso di cosa costa incassare i canoni.
Ma come quantificare questi indennizzi? In molti casi c’è un problema tutto italiano: i soldi spesi non sono giustificabili perché fatti in nero. Come dire, non tutti i gestori avevano fatture da mettere in bilancio. Anche perché magari erano in nero anche parte degli incassi.
L’accordo su cui si lavora sembra puntare ad un compromesso realistico visto che Draghi non intende lasciare nuovi tempi morti: si parla come detto di «indennizzi e prelazione».
L’ultimatum di Mario Draghi ha dato una spinta per una decisione ineludibile. In assenza di accordo sulle concessioni balneari, l’articolo 2 del decreto, il governo porrà infatti la questione di fiducia. Draghi ricorda che il testo è stato presentato in Senato il 3 dicembre 2021 e che entro dicembre 2022 vanno approvati anche tutti i decreti attuativi.
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