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Il centrosinistra vince ovunque: e adesso cosa succede?

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articolo di Saveria Russo

Il centrosinistra è arrivato nettamente primo in tutti i capoluoghi di regione (tranne Trieste) e se la cava bene anche in provincia. Nonostante tutto, però, è l’astensionismo ad essere il vero protagonista si queste elezioni.

Proprio come un’onda, il centrosinistra ha travolto l’intera Italia ed ha vinto in oltre metà delle 20 città, fra capoluoghi di regione e di provincia, al voto nella tornata di amministrative conclusa con i ballottaggi. Ne ha conquistate 13 di città, e il tutto si è arricchito con Roma e Torino, reduci entrambe da 5 anni di amministrazione del M5S.

Dopo i successi al primo turno di Napoli con la vittoria del tecnico Manfredi (con l’alleanza Pd-M5s), Bologna e Milano, l’en plein del centrosinistra nei capoluoghi di regione sfuma solo per Trieste, dove ha vinto la coalizione di centrodestra (con la riconferma per la quarta volta di Roberto Dipiazza).

Una vittoria trionfale”, come la definisce il leader Pd Enrico Letta che corona simbolicamente la vittoria di Roberto Gualtieri a Roma nella storica piazza dell’Ulivo e di Romano Prodi.

Dopo un’elezione con un astensionismo senza precedenti e una campagna elettorale sottotono tra i candidati, ma molto tesa tra i leader nazionali dopo l’assalto di Forza Nuova alla Cgil, si comincia a ridisegnare la geografia delle grandi città italiane, ora quasi tutte nelle mani del centrosinistra.

Ma sono stati i ballottaggi a segnare la vittoria dei progressisti anche in alcuni comuni molto simbolici per il centrodestra, come Cosenza cioè la città del neopresidente di Regione Roberto Occhiuto, Varese, città di Giorgetti e Maroni, e Latina, dove l’uscente Coletta ha ribaltato l’esito del primo turno e vinto sullo storico ex sindaco Vincenzo Zaccheo.

L’affluenza, già molto bassa al primo turno, è arrivata al ballottaggio poco sotto il 50% degli elettori, un dato commentato con una certa preoccupazione da analisti e politici (tra cui lo stesso presidente del M5S ed ex premier Giuseppe Conte). Per quanto riguarda i capoluoghi di provincia, il centrosinistra ha vinto a Caserta, Cosenza, Latina, Isernia, Ravenna, Rimini, Salerno, Savona, Carbonia e Varese, mentre il centrodestra a Benevento, Grosseto, Novara e Pordenone.

Il centrodestra esce male da queste elezioni: a Roma e Milano hanno perso sonoramente i candidati scelti dai leader più popolari della coalizione, cioè Giorgia Meloni e Matteo Salvini, e oltre a Trieste l’unico risultato positivo rimane la vittoria alle elezioni regionali in Calabria, ottenuta due settimane fa. In entrambi i casi i candidati, Roberto Occhiuto e Roberto Dipiazza, erano espressi da Forza Italia, il partito più debole della coalizione.
La campagna elettorale del centrodestra era iniziata molto in ritardo, per via di diverse tensioni interne all’alleanza e per la difficoltà a trovare delle persone disposte a candidarsi, e si è concentrata soprattutto sui molti inciampi di Luca Bernardo a Milano ed Enrico Michetti a Roma, entrambi semisconosciuti prima del voto.

Il Movimento 5 Stelle, invece, aveva già preso pochissimi voti al primo turno, e al ballottaggio è stato praticamente ininfluente.

Il Partito Democratico oggi è rilanciato e vince queste elezioni dovunque”, ha commentato lunedì pomeriggio il segretario Enrico Letta, sottolineando che il partito ha espresso il candidato sindaco in tutte le città vinte dal centrosinistra. I leader del centrodestra non hanno ancora commentato le sconfitte nelle principali città, mentre nel corso di una conferenza stampa Matteo Salvini ha cercato di ridimensionare la vittoria del centrosinistra e ha spostato il discorso sulle critiche alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese per la gestione dell’ordine pubblico nelle ultime settimane.
Passiamo da 8 a 10: al momento il centrodestra ha più sindaci rispetto a 15 giorni fa”, è il primo commento di Matteo Salvini che parla di “sindaci eletti da una minoranza della minoranza” dopo “una campagna elettorale surreale passata a inseguire i fascisti che sono solo sui libri di scuola”.

Più realista, invece, Giorgia Meloni che ammette la sconfitta, ma “non la debacle” e dà la colpa al ritardo nella scelta dei candidati “ma non al profilo dei candidati” di centrodestra. Ma soprattutto, prendendo le redini del centrodestra, la leader Fdi sente Silvio Berlusconi, annuncia che chiamerà Salvini per un vertice che rilanci la coalizione. Ben altro l’umore di Enrico Letta che liquida come “surreale” l’analisi del voto del leader della Lega e vede il successo come un premio “per lo sforzo dell’allargamento del centrosinistra”.

Ma ciò che ha davvero preoccupato ed influenzato queste elezioni è stato l’impressionante astensionismo degli italiani: lo stesso Giuseppe Conte, in un post su Facebook, ha commentato l’accaduto.
Quasi sei cittadini su dieci non sono andati a votare al secondo turno delle elezioni amministrative dell’ottobre 2021. Un dato che non si era mai visto prima e che nessun partito è oggi in grado di comprendere.

56,06%. È questa la vera percentuale che tutti i partiti, vincenti o perdenti, devono tenere a mente, nelle analisi a mente fredda del voto amministrativo del 17 e 18 ottobre 2021. È il numero degli elettori aventi diritto che hanno disertato i ballottaggi, ed è un numero che non si era mai visto prima, peggiore di quello dei “primi turni” di due settimane fa, che era a sua volta di molto peggiore rispetto a quello delle tornate precedenti del 2016, che a loro volta avevano già fatto registrare un forte calo nel numero dei votanti.
È un numero che dovrebbero tenere a mente tutti ma che tuttavia non terrà a mente nessuno. Qualcuno lo rubricherà alla voce degli inevitabili processi storici che qua come altrove portano sempre meno persone alle urne, non da ieri. Qualcun altro, a sinistra, cercherà di nascondere il dato per non sminuire l’entità della propria vittoria. Qualcun altro ancora, a destra, cercherà di depotenziarlo, per non ammettere di non essere riuscito a mobilitare il proprio elettorato.
Eppure, per quanto possa essere disturbante farci i conti, la diserzione del voto delle periferie è molto più di tutto questo. È il sintomo di un malessere che non trova sbocchi, di un “voto contro” potenziale che non trova nessuno ancora pronto a rappresentarlo.

Ma quanto pesa la vittoria del centrosinistra alle amministrative 2021?

Adesso tutti cercano di capire quali saranno i risvolti a livello nazionale delle amministrative 2021. Il governo Draghi, sostenuto da una variegata maggioranza, è alle prese con temi importanti: la riforma alla Legge di Bilancio, il rifinanziamento del Reddito di cittadinanza, la scadenza di Quota 100. Senza dimenticare la gestione delle risorse europee in arrivo per il Pnrr.
Probabilmente i partiti vincitori, Pd in testa, rivendicheranno un ruolo di peso all’interno della maggioranza. Con l’obiettivo di veder accolte le proprie richieste. Non è tutto. A febbraio ci sarà l’elezione del presidente della Repubblica. E anche in questo caso i nuovi equilibri potrebbero essere determinanti per vincere la partita.

 

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