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Costume e Società

L’Accademia della Crusca torna a parlare dello schwa

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L’Accademia della Crusca torna a parlare dello schwa

Ebbene sì: l’Accademia della Crusca torna a parlare dello schwa e degli asterischi. Il linguaggio inclusivo è sicuramente uno dei topic più discussi di sempre, soprattutto nell’ambito letterario e dello scritto.

In seguito all’esortazione di dare un parere sulla parità di genere negli atti giudiziari, da parte del Comitato pari opportunità del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, la Crusca finalmente si espone apertamente.

La soluzione?

Evitare l’uso dell’articolo determinativo davanti ai cognomi delle donne e i segni eterodossi (appunto gli asterischi e lo schwa, cioè il simbolo ə, che viene utilizzato per declinare i sostantivi al genere neutro); e poi declinare al femminile le professioni e le cariche.

Leggiamo spesso infatti, soprattutto sui social, “la Meloni” e “la Schlein”, ma anche “l’Alberta” o “la Beatrice”.

Oggi è considerato discriminatorio e offensivo.” Queste le parole di alcuni esperti. “Non entriamo nelle ragioni di questa opinione, che riteniamo scarsamente fondata. Tuttavia, per quanto estemporanea e priva di motivazioni fondate, l’opinione si è diffusa nel sentimento comune, per cui il linguaggio pubblico ne deve tener conto.

Quindi si continua a bocciare lo ə, ma si dice si a magistrata, avvocata, difensora, pubblica ministero, procuratrice.

“Suonano male? È solo questione d’abitudine.”

Inoltre, sempre nel documento in cui la Crusca si esprime riguardo all’argomento, dice che è bene limitare il “riferimento raddoppiato” ai due generi, come nel caso di “lavoratori e lavoratrici”.

Quindi: optare per “persona” invece di “uomo” o ricorrere al maschile plurale.

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